- Fonte: www.cgilct.it -
A Catania è quasi impossibile parlare di “sicurezza del posto fisso”. La realtà che viviamo ci rimanda invece una diffusa e grave precarizzazione del lavoro, soprattutto a danno dei giovani e delle donne. E non si salvano neppure i lavoratori del pubblico impiego, in barba alla visione del “rischio monotonia” paventato nei giorni scorsi dal premier Monti. Lo testimoniano i dati appena elaborati dall’Ires Cgil su indicazione del segretario della Camera del lavoro Angelo Villari, che grazie alla ricerca del responsabile Tuccio Cutugno ha realizzato un ricco dossier sulla base di dati Istat , INPS , INPDAP, Ufficio del Lavoro.
A Catania i dati ISTAT relativi al 2010 rivelano 303 mila occupati, di cui 223 mila sono lavoratori dipendenti. Di questi 18.610 sono iscritti all’INPS come lavoratori parasubordinati, 98.134 sono stati assunti a tempo determinato ( dati Ufficio del lavoro ), 966 con contratti di inserimento, 2.905 come apprendisti, 17.096 con contratto di somministrazione, 1.038 fanno i tirocini formativi. Restano 84.251 lavoratori con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che rappresentano appena il 27,8% della forza lavoro occupata.
Tra gli 84.251 lavoratori definiti stabili, 57.706 sono dipendenti pubblici iscritti all’INPDAP; 26.545 sono dipendenti dei comparti privati. Sono dunque 26.545 i lavoratori dipendenti da settori come, l’industria, il commercio, l’artigianato ecc. che sarebbero i privilegiati del “posto fisso”. Che però, a causa della crisi, lavorano in aziende dove è in corso un grave processo di ridimensionamento.
“Siamo in una città metropolitana, vivace ma anche molto complessa del nostro Sud, dove la preoccupazione maggiore del governo non dovrebbe essere di certo l’eliminazione dell’articolo 18, che serve a chi un lavoro ce l’ha già. – sottolinea Angelo Villari - Ma alla ricerca del lavoro stesso, alla rimessa in moto di un sistema che si è interrotto con grave rischio per tutti, soprattutto le nuove generazioni”.
La prova? Secondo il dossier Ires elaborato da Cutugno, proprio la Cassa Integrazione che ha coinvolto mediamente a Catania nel 2010 almeno 5 mila lavoratori, ridimensiona ulteriormente il dato e rende ancor più aleatoria la prospettiva occupazionale. Nemmeno per i lavoratori del pubblico impiego, scuola compresa, si può parlare, dopo le misure del governo Berlusconi, di stabilità nel lavoro. I dati dell’INPDAP segnalano che nel 2010 si sono registrati circa 3.300 iscritti in meno al netto dei nuovi pensionamenti stimati intorno alle 1.100 unità. Questi 3.300 occupati in meno corrispondono esattamente al numero dei precari della scuola, dell’Università , del pubblico impiego in genere non riconfermati in conseguenza delle cosiddette riforme.
Ancora più grave è il dato relativo alla precarietà del lavoro, e nel lavoro, per i giovani e le donne. Nel dossier Tuccio Cutugno segnala che “l’incertezza occupazionale e l’assenza di tutele e di ammortizzatori sociali per i nuovi assunti determina il fenomeno tutto italiano della permanenza dei giovani nell’ambito del nucleo famigliare. La famiglia è stata e resta, infatti, l’unico ammortizzatore sociale che in qualche modo funziona ancora”.
Rincara la dose Villari: “Non è vero, come è stato incautamente affermato, - continua Villari- che i giovani vogliono il posto fisso vicino mamma e papà. Stiamo invece assistendo ad uno svuotamento delle nostre città. I ventenni e molti trentenni finiscono gli studi o cercano la prima occupazione fuori Catania per trovarsi comunque in vantaggio rispetto al trend siciliano. Se poi si tende a tornare, spesso è perché il nostro Paese in questo momento storico non garantisce il welfare. Una volta trovate un lavoro, spesso precario o pagato male, non si hanno le risorse per gestire i bisogni di una nuova famiglia. Bisogna mettere in campo il massimo delle nostre risorse, per creare nuovo lavoro e difendere l’esistente”.
Ed ecco gli altri numeri: sono 6 mila le donne occupate d’età tra i 15 ai 24 anni a queste bisogna sottrarre le poche donne imprenditrici e le 2.246 ragazze cosiddette lavoratrici parasubordinate, assunte cioè con uno dei diversi contratti di collaborazione con un reddito medio procapite annuo di 2.261 euro .
Tra le giovani donne perciò solo il 5,42% della forza lavoro risulta avere un’occupazione stabile.
Lo stesso vale per l’occupazione giovanile in genere: solo il 13,5% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è occupato a tempo indeterminato .
“Altro che monotonia del posto fisso,- conclude il segretario generale Villari- qui a Catania assistiamo alla disperazione della precarietà e della disoccupazione una monotonia che rischia di durare per l’intera vita lavorativa degli individui. Precarietà che include un’insidia durissima: non poter accedere a quel credito bancario che a volte consente di costruirsi un futuro solido”.