25 febbraio 2012

Fiat si rifiuta di rispettare la sentenza della Corte di appello di Potenza sul reintegro dei tre operai

Niente reintegro per i tre operai dello stabilimento di Melfi. Lo ha deciso il "kapo" della Fiat, Sergio Marchionne, che rincara la dose e minaccia l'Italia dichiarando la chiusura di due dei cinque stabilimenti italiani in caso di mancate esportazioni in Usa.

Ennesimo rifiuto e dignità sotto terra per Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, le tute blu licenziate con l’accusa di aver fermato un carrello durante uno sciopero sindacale. Il Lingotto, che ha deciso di non reintegrare gli operai fino a una sentenza definitiva della Cassazione riconoscerà il salario ai lavoratori ma dovranno stare ben distanti dal loro posto di lavoro.

“La scelta della Fiat di non avvalersi dell’attività dei lavoratori reintegrati a Melfi è molto grave e non aiuta di certo a ristabilire il clima di serenità aziendale che sarebbe necessario. Ci auguriamo tutti che anche in Fiat torni una situazione di normali relazioni sindacali”, queste le dichiarazioni di Cesare Damiano capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera.

Non è esluso che anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come accaduto nell’agosto 2010 riformuli la richiesta di buon senso a Fiat e che questo grave episodio venga definitivamente superato.

Per quanto riguarda la posizione sindacale, Lina Grosso legale della Fiom, ha risposto in una sua intervista: “Faremo di tutto per riportare in fabbrica i tre operai, anche agendo in sede penale, perché la Fiat, come al solito, non rispetta le sentenze.”

Salvo Moschetto