22 marzo 2011

Licenziamento del lavoratore, beneficiario delle agevolazioni di cui alla L. 104/92, che rifiuta il trasferimento. Sentenza della Corte di Cassazione

Care compagne e compagni,

sperando di farvi cosa gradita vi invio un’importante sentenza della Corte di Cassazione di fine 2010. Sentenza che ho utilizzato per la tutela di due casi specifici segnalatemi da alcuni compagni e che – a questo punto, vista la possibilità che la fattispecie possa ripetersi anche in altri contesti – vi invio per farne strumento eventuale di analisi e lavoro.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in ordine al licenziamento impugnato da una dipendente trasferita in altra sede della medesima società datrice di lavoro, sulla base di un ordine unilaterale di quest’ultima.

In particolare, la lavoratrice aveva rifiutato il predetto trasferimento, poiché la costringeva a tempi superiori di percorrenza per raggiungere la nuova sede, adducendo di essere titolare dei benefici di cui alla L. 104/92, a causa delle condizioni di salute del coniuge, affetto da grave handicap.

Dal canto suo, il datore di lavoro, dopo aver revocato il trasferimento della dipendente, le aveva fatto recapitare una lettera di licenziamento, con decorrenza immediata, giustificato “da una nuova complessiva riorganizzazione aziendale”, necessaria, a suo dire, per una gestione più economica dell’attività, sulla base del diritto costituzionalmente garantito della libertà di iniziativa economica privata (art. 41, Cost.), insindacabile dal giudice.

Investita della questione, la Cassazione ha affermato che, “se è senz'altro vero che, secondo l'art. 41 Cost., l'assetto organizzativo e produttivo dell'impresa è rimesso alla "libera" valutazione del datore di lavoro, ogni valutazione circa l'opportunità di interventi modificativi che comunque siano giustificati da ragioni oggettive (un giustificato motivo oggettivo), è anche vero che, la libertà di iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana.

(Da qui l’importanza, aggiungo di tutelare l’art. 41 dall’attacco del Governo che vuole proprio sopprimere questa ultima parte dell’articolo, alla base di molte delle norme fondamentali a tutela del lavoro, NDR).

Questo limite "costituzionalmente prefissato" trova riscontro nella legislazione del lavoro in varie circostanze caratterizzate dalla necessità di tutelare diritti fondamentali del lavoratore, tra cui quello avente per oggetto la conservazione del posto di lavoro”.

Ed allora, gli Ermellini hanno puntualizzato che, pur nella necessità di contemperare interessi costituzionalmente protetti di pari rango, quali la libertà di iniziativa economica privata, da un lato, e i diritti fondamentali del lavoratore, dall’altro, “spetta al giudice stabilire, nel caso concreto, quale tutela prevalga sull’altra”.

Ciò posto, i giudici di legittimità hanno richiamato il costante orientamento della Suprema Corte, secondo il quale, per affermare il carattere ritorsivo del licenziamento spetta al lavoratore licenziato “dimostrare che l’intento di rappresaglia o discriminatorio abbia avuto un ruolo decisivo della volontà del datore di lavoro”.

Per verificare il carattere ritorsivo del licenziamento intimato nel caso di specie, la Cassazione si è concentrato sui provvedimenti adottati dalla società dopo essere venuta a conoscenza che alla dipendente erano stati attribuiti dall’INPS i benefici di cui alla L. 104/92 (e succ. mod.), il cui art. 33 dispone espressamente che: “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado […]” (comma III), “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede” (comma V).

Ebbene, una volta provato che il trasferimento della dipendente, titolare dei citati benefici, è stato disposto unilateralmente dal datore di lavoro, in aperta violazione della legge applicabile in materia, i giudici di Piazza Cavour hanno reputato il licenziamento “non solo illegittimo, ma anche illecito”: essendo stato accertato il suo carattere ritorsivo, alla lavoratrice è stata accordata la piena tutela reale ex art. 18, Stat. Lav., “a prescindere dal requisito dimensionale dell’azienda”.

p. la Segreteria Nazionale

Alessandro Genovesi