27 marzo 2011

Poste Italiane: Nervosismo e stress davanti allo sportello

Lucy Gullotta - lasicilia.it -

L’incombenza più stressante, quella con la "I" maiuscola, quella che tutti, ma proprio tutti, tendono ad allontanare il più possibile? Andare alla posta per pagare le bollette. Ognuno, se non si può far in modo di demandare l’incombenza

ad un altro familiare con strategie sempre diverse, e talvolta anche fantasiose, trova il sistema per ovviare alla lunga attesa da affrontare con una o più bollette in mano, spesso causa di stress e nervosismo, spesso diretto senza un vero motivo contro gli impiegati.

E allora c’è chi sceglie il giorno giusto (quello in cui statisticamente non ci dovrebbe essere confusione, e che proprio per questo diventa alla lunga mica tanto tranquillo), chi aspetta fine mese perché verosimilmente è un periodo più calmo (le pensioni si pagano ad inizio mese, momento da evitare), qualcuno preferisce puntare sull’ora giusta, magari optando per l’ufficio postale più distante da casa ma che abbia l’orario prolungato. C’è anche chi prende l’impegno con filosofica

rassegnazione, compra il giornale e lo legge in attesa che venga il proprio turno. E ancora chi si perde in chiacchiere con un vicino appena conosciuto, ma che in poco tempo diventa quasi un amico di vecchia data, un "compagno"con cui rendere più lieve l’attesa. Emanuela Manzella, responsabile amministrativa in una società che gestisce prestiti personali, ha la sua teoria.

«Bisogna ritagliarsi un paio di ore di tempo libero, quello è il minimo indispensabile quando si decide di venire a pagare le bollette o svolgere altre operazioni alla posta. In questo modo io non mi stresso mai». Sorride la signora Manzella fuori dall’ufficio postale di Picanello, mentre riaccende la cicca di sigaretta spenta all’ingresso. Lei è una delle tante persone che non punta il dito contro gli impiegati: «E’ un lavoro stressante, ci vorrebbe una turnazione costante perché operare

allo sportello è davvero stancante; ad essere sincera ogni volta trovo sempre gli operatori seduti nelle loro postazioni, magari qualcuno si lamenta ma d’altronde dipende dalle operazioni, non certamente da loro».

Già, gli operatori lavorano e non alzano gli occhi dal terminale. Qualcuno sospira e parla di stress, di mancata applicazione degli accordi sottoscritti, delle continue convocazioni pomeridiane, della mancanza di strumenti per il settore commerciale, della caotica gestione dei servizi, di carenza di personale, ma «mai al mondo - affermano - potremmo bloccare i servizi all’utenza o creare disagio alle persone volontariamente».

«Sarà pure vero, ma ogni volta che si va alla posta si perde una giornata» contrattacca Palmina La Rosa, casalinga, che seduta sul suo scooter proprio dinnanzi all’ingresso dell’ufficio di via Asiago aspetta il marito a cui spetta l’onore e l’onere di sbrigare le "faccende postali". «In passato mi è anche capitato di aver aspettato due ore solo per sentirmi dire, alle 13, "ci dispiace hanno staccato i terminali, tornate domani". Va bene quando fai la fila, ma negli uffici con i ticket perché non tenere conto di quelli già rilasciati dal computer? Io non vado più…», e sospira. «Oggi mi sento fortunata», esclama una signora mentre si avvia alla sua auto. «Ho perso solo dieci minuti, una giornata tranquilla. Chissà come mai?».