05 gennaio 2013

Il contratto a tempo determinato dopo la riforma Fornero

La Riforma Fornero ha portato novità importanti anche sul contratto a tempo determinato che val la pena di analizzare, dopo aver prima visto la disciplina generale.

La legge italiana stabilisce che il contratto di lavoro debba essere stipulato a tempo indeterminato; può essere inserito un termine (trasformandosi, così in contratto “a tempo determinato”) solo in presenza di specifiche ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.

Perché l’assunzione a termine sia legittima [1] sono necessari alcuni requisiti fondamentali: è quindi importante prestare particolare attenzione alla forma del contratto e alla lettera di assunzione.

La motivazione
Il primo dei requisiti che legittimano l’assunzione a termine è la motivazione (o causale) che deve essere dettagliatamente specificata nella lettera di assunzione, pena l’inefficacia del termine apposto al contratto.
La motivazione al contratto a termine deve inoltre avere il carattere di temporaneità: deve cioè essere concretamente verificabile una esigenza oggettiva di carattere transitorio che legittima il ricorso ad un contratto a termine anziché a tempo indeterminato.

La proroga
Il termine del contratto può essere prorogato solo quando la durata dello stesso non superì i 3  anni. In tali casi la proroga è ammessa una sola volta a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività per la quale è stato stipulato il contratto a tempo determinato.

Qualora il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato, al lavoratore spetta una maggiorazione del 20% della retribuzione per i primi 10 giorni, del 40%per ciascun giorno ulteriore.

Le novità della riforma Fornero
Per scoraggiare l’uso eccessivo delle assunzioni precarie, la riforma Fornero [2] ha introdotto alcune novità nei rapporti a termine.

In particolare è stato previsto:
- l’eliminazione del requisito delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (riferibili all’attività del datore) per poter stipulare un primo contratto a termine, purché non superiore a 1 anno; in tali casi però il contratto non può essere prorogato;
- i limiti temporali di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i quali il contratto a termine si considera a tempo indeterminato: dai 20 giorni previsti precedentemente si è passati ai 30 giorni, in caso di rapporto a termine di durata inferiore a 6 mesi; 50 giorni in caso di durata superiore;
- l’allungamento dell’intervallo di tempo oltre il quale la stipula di un nuovo contratto a termine dopo la scadenza del precedente si considera a tempo indeterminato (dai 10 giorni si è passati ai 60 giorni per contratti inferiori ai 6 mesi; dai 20 giorni si è passati ai 90 per quelli superiori).

Secondo alcuni, la riforma Fornero sui contratti a termine sarebbe troppo rigida. Le aziende, infatti, hanno sempre più spesso bisogno di rinnovare, in tempi brevi, i contratti precari dei loro dipendenti, ma non possono farlo perché la legge lo vieta. Si tratta di quelle imprese che non possono fare a meno del lavoro temporaneo e che, con l’entrata in vigore della riforma, si stanno trovando in serie difficoltà.

Cosicché, per superare il problema, qualche giorno fa, attraverso una circolare diramata dal Ministero del Lavoro [3], è stato stabilito che le parti sociali, cioè le imprese e i sindacati, possono accordarsi per ridurre gli intervalli di 60 o 90 giorni previsti per il rinnovo delle assunzioni termine, attraverso delle clausole da inserire nei contratti collettivi di lavoro.

Nei prossimi mesi, infatti, dovranno essere rinnovati i contratti di diversi settori come le telecomunicazioni, il comparto metalmeccanico e quello dell’acqua e del gas.


[1] D.Lgs 368/01.
[2] Legge 92/2012.
[3] Circolare Ministero del Lavoro 27/2012.