21 gennaio 2013

Cassazione: Nullo il licenziamento per inidoneità senza la verifica sulla possibile ricollocazione

Con sentenza n. 23330 del 18 dicembre 2012, la Cassazione ha affermato che, deve essere reintegrato il lavoratore licenziato perché affetto da un disturbo d'ansia se non si dimostra la sua "totale inidoneità allo svolgimento delle mansioni". Non solo, l’azienda deve anche provare l'impossibilità di una ricollocazione del medico.
La Suprema Corte, riprendendo la Corte territoriale ha affermato che "non solo non risultava dalle certificazioni mediche che la sopravvenuta, parziale inidoneità fisica del ricorrente avesse carattere permanente e quindi fosse definitivamente escluso un recupero della sua piena idoneità fisica, ma l'amministrazione aveva omesso di provare ... che, pur con la ridotta capacità lavorativa, il dipendente non potesse svolgere mansioni compatibili con l'organizzazione aziendale". Inoltre, la Cassazione ha confermato che, "l'illegittimità del recesso comporta anche per i dirigenti pubblici gli effetti reintegratori stabiliti dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori" "a prescindere dal numero dei dipendenti".

Licenziamento per giustificato motivo e cause di illegittimità

Con sentenza n. 6 del 2 gennaio 2013, la Cassazione ha affermato che è illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, alla base del quale c'è il rifiuto del lavoratore di trasferirsi in un'altra società del gruppo, con meno di 15 dipendenti, senza specificare che la mancata accettazione avrebbe comportato il suo allontanamento e senza che l'azienda provvedesse a verificare la possibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni.


Certificazione di malattia inviata in ritardo

Con sentenza n. 106/2013 la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore, realmente malato, che aveva inviato con cinque giorni di ritardo una certificazione per una malattia di tre mesi: al contempo, il datore di lavoro aveva intimato, nel caso non fosse andato a buon fine il primo licenziamento, un altro provvedimento di recesso all’interno di una procedura di mobilità per la quale era stato esperito l’iter. La Suprema Corte ha annullato anche il, secondo licenziamento. Le motivazioni della decisione fanno riferimento al fatto (primo licenziamento) che la sanzione espulsiva risulta eccessiva rispetto alla previsione del CCNL di settore ed, inoltre, l'imprenditore era a conoscenza dello “status” avendo ricevuto in precedenza altri certificati non oggetto di alcuna contestazione. Per quel che riguarda il secondo licenziamento la Suprema Corte lo ha ritenuto illegittimo “perché dopo un primo licenziamento individuale il secondo non può essere collettivo, né consistere nel collocamento in mobilità”, in quanto la situazione di sospensiva riferita al licenziamento individuale non consente la necessaria comparazione tra i lavoratori secondo la previsione sui criteri di scelta ex art. 5 della legge n. 223/1991.