L’ipotesi di scorporo della rete di Telecom Italia entra di prepotenza nel confronto fra vertici aziendali e sindacati. E’ questo il tema principale che condizionerà ogni sviluppo per quanto riguarda la riorganizzazione del gruppo. I sindacati sono preoccupati e chiedono in tempi brevissimi un piano industriale per il biennio 2013-2015 per “avere il quadro definitivo della Telecom Italia del futuro. In ballo ci sono 22mila dipendenti, quasi il 50% del personale, che confluirebbero nel nuovo asset della rete in caso di scorporo. Ma preoccupa anche il futuro dei dipendenti che resterebbero all’interno del perimetro aziendale, vale a dire 24mila dipendenti delle attività di customer e i commercial.
Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil dichiara: “La madre di tutti i problemi è cosa succederà con la rete di Telecom Italia – dice il sindacalista - Il tema sullo sfondo di ogni confronto con Telecom, oggi, è se l’ipotesi di scorporo della rete andrà avanti o no e in particolare, se andrà avanti, come si pensa di procedere. Non è affatto indifferente comprendere quanti dipendenti Telecom Italia intende mettere dentro la società della rete. Prima di sapere cosa mi serve in pancia a Telecom, dovrei sapere cosa c’è in pancia a Telecom”. Il problema, secondo il sindacalista, è che si parla di qualcosa che “ignoriamo perché non sappiamo cosa succede con la rete e finché non lo sappiamo è difficile riorganizzare l’azienda”.
Tutti i ragionamenti dei sindacati in questo momento si fanno con questa “clausola sospensiva – dice Azzola – se si farà o meno lo scorporo della rete. Personalmente non penso che lo scorporo della rete sia un'ipotesi dietro l'angolo - continua Azzola - credo che prima si dovrà capire come muoversi con i dipendenti che rientrano dalla solidarietà e che peseranno sulle casse dell'azienda".
Sul tavolo fra vertici aziendali e sindacati incombe il nodo dei 2mila esuberi congelati e la riorganizzazione del gruppo Telecom Italia. Le parti si incontreranno a breve, forse già entro fine mese, e in ogni caso non più tardi del 7 novembre. E’ quella la data di scadenza del contratto di solidarietà firmato due anni fa, che riguarda 30mila dipendenti su un totale di 46mila. Dipendenti che saranno riassorbiti dall’azienda con notevole aggravio sulle sue casse. Il nodo più immediato sono 3.900 persone coinvolte due anni fa nella mobilità volontaria, che però, con l’entrata in vigore della nuova legge Fornero su pensioni e ammortizzatori sociali, rischia di bloccare 2mila esuberi concordati nel 2010.
Negli ultimi 10 anni, secondo Azzola, il processo di esubero ha portato all’uscita dall’azienda di diverse migliaia di dipendenti. Un processo interrotto ormai dal nuovo regime pensionistico e che “non ha aiutato l’azienda sul fronte del know how – dice Azzola – perché con l’uscita dei più anziani non si è utilizzato il criterio della professionalità. Oggi l’azienda è mal tarata per quanto riguarda le competenze. Nei prossimi anni, inoltre, non uscirà nessuno”.
Per quanto riguarda la riorganizzazione del gruppo, che potrebbe avvenire secondo Telecom Italia con la societarizzazione dei servizi alla clientela e delle attività IT, i sindacati frenano. “Meglio sarebbe pensare alla creazione di divisioni interne all’azienda – dice Azzola – una soluzione che di certo peserebbe meno sulle casse aziendali, se non altro perché la creazione di una nuova società ha sempre costi più elevati rispetto al mantenimento delle attività in-house”. Tanto più, aggiunge il sindacalista, che diverse attività sia di call center sia di gestione della rete sono già state affidate in outsourcing. “Ma potrebbero essere reinternalizzate – aggiunge Azzola – chiudendo le diverse sedi piccole sparse nel paese e ricorrendo magari al telelavoro. Ma per fare ciò serve un salto culturale enorme”. Quindi, sarebbero due le linee di pensiero più accreditate e contrapposte per la riorganizzazione: da un lato, l’istituzione di aziende di scopo, dall’altro la reinternalizzazione di una serie di attività ad oggi affidate in outsourcing, come ad esempio il call center.