17 ottobre 2012

Il nuovo co.co.pro. (contratto a progetto) dopo la riforma

- DI ANDREA BORSANI -

Passiamo ad analizzare gli elementi caratterizzanti la recente riforma. Essi, in sintesi, sono:
1. la nuova formulazione dell’oggetto del progetto;
2. l’immediata presunzione di subordinazione, anche per altri rapporti di lavoro autonomo;
3. la previsione di un minimo sindacale;
4. il recesso nel caso di scarso rendimento;
5. le nuove aliquote contributive.
Vediamoli nel dettaglio.

1. La prima novità consiste nella necessità di definire in modo specifico l’oggetto del nuovo contratto a progetto.
La descrizione del progetto deve essere tale da permettere l’individuazione del suo contenuto caratterizzante, sia qualitativamente che quantitativamente, e del risultato finale che si intende conseguire.
Pertanto, il datore di lavoro deve identificare con precisione e circoscrivere il più possibile il progetto, non inserendolo in modo generico come accadeva in precedenza.
Il progetto – specifica la riforma – non può coincidere con una generica riproposizione dell’oggetto sociale della ditta committente, ma deve essere necessariamente collegato a un determinato risultato finale.

Infine, il progetto commissionato al collaboratore non può comportare lo svolgimento di attività meramente esecutive o ripetitive disciplinate dalla contrattazione collettiva nazionale.
La conseguenza è che, se manca tale progetto, si è considerati dalla legge come lavoratori subordinati, con trasformazione automatica del contratto a progetto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
2. Aumentano i casi in cui si presume la presenza di un vincolo di subordinazione nei confronti del datore di lavoro. Infatti, con l’attuale riforma, i contratti di collaborazione vengono inclusi nella categoria dei rapporti subordinati, sin dalla data di costituzione del rapporto, non solo (come appena detto) quando risultino privi dell’indicazione precisa del progetto, ma anche quando l’attività del collaboratore ha ad oggetto mansioni uguali a quelle eseguite dai dipendenti del datore di lavoro.

Tale presunzione si applica anche ai soggetti con Partita IVA o meglio a coloro che svolgono lavoro autonomo non coordinato, attraverso la stipula di contratti di prestazione d’opera. Si tratta di tutti quei rapporti che, nonostante la loro formale qualificazione come co.co.pro., nascondono invece i caratteri del lavoro subordinato, soprattutto quando nati in un regime di mono-committenza (ossia di prestazioni di lavoro verso un unico datore di lavoro), o quando il lavoratore non si veda versati i contributi, non siano previste ferie, giorni di malattia, tariffe minime e altro.

Per eliminare la problematica delle false Partite Iva, viene  prevista la trasformazione del rapporto contrattuale in una collaborazione continuativa (co.co.pro.) se ricorrono almeno due dei seguenti requisiti:
1) la collaborazione ha una durata superiore ad 8 mesi annui per due anni consecutivi;
2) il corrispettivo della collaborazione costituisce più dell’80% del corrispettivo annuo complessivamente percepito dal collaboratore nell’arco dei due anni consecutivi;
3) il prestatore dispone di una postazione di lavoro fissa presso il committente.

In tali casi, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS sono per due terzi a carico del committente e per un terzo del collaboratore (il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, può promuovere azione di rivalsa nei confronti del committente).
Se poi nel contratto convertito a progetto manca anche l’indicazione del risultato da conseguire, lo stesso è trasformato automaticamente in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato .

È invece esclusa la trasformazione del rapporto in un co.co.pro.:
- quando l’attività del prestatore è caratterizzata da elevate competenze tecniche;
- quando il lavoratore titolare di Partita Iva ha un reddito non inferiore ad € 18.663,00;
- quando ha ad oggetto attività per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo professionale.

3. Altra novità riguarda il riconoscimento anche ai collaboratori di un minimo sindacale.
Infatti, il compenso stabilito deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e non può essere inferiore ai minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva per lo svolgimento di mansioni equivalenti.

È stato inoltre aggiunto l’obbligo della retribuzione meritoria. In altre parole, il compenso stabilito per il lavoratore deve tener conto del pagamento-orario effettuato nella regione per la stessa mansione.

4. La riforma interviene anche sul regime del recesso dal contratto a progetto nel caso di scarso rendimento.
Tale circostanza può essere motivo della conclusione del rapporto di collaborazione, solo se sussistano oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore, tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto.
Resta il recesso per giusta causa tanto da parte del committente che da parte del collaboratore.
5. Novità sono previste anche per le aliquote contributive.
Quale ultimo strumento di disincentivo all’utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, la Riforma ha incrementato le aliquote di contribuzione alla Gestione Separata dell’INPS, che arriveranno nel 2018 al 33%. Aumentano così i contributi previdenziali INPS per i lavoratori a progetto dopo la riforma del lavoro 2012.
Il Contratto a progetto con la Pubblica Amministrazione.
In ultima analisi, corre evidenziare come la Riforma Fornero non incide, in alcun modo, sul rapporto di Pubblico Impiego.
Anche la Legge Biagi aveva escluso i rapporti di collaborazione coordinata con la P.A., per via del principio del buon andamento che regola la Pubblica Amministrazione: in base ad esso, infatti, l’accesso alla stessa è riservato esclusivamente ai vincitori di concorso pubblico [8].
La conseguenza è che, anche in assenza di un progetto, il rapporto di collaborazione non può mai trasformarsi in un rapporto a tempo indeterminato. Pertanto, nei contratti a progetto stabiliti con la Pubblica Amministrazione, una eventuale controversia che accerti la natura subordinata del rapporto di lavoro porterà, come unico effetto, al diritto al risarcimento per il collaboratore.