Care lavoratrici e cari lavoratori,
voglio iniziare il mio intervento,con un omaggio all'impegno: a nome del NIdiL, categoria che rappresento, e da giovane dirigente della CGIL, ringrazio la SLC di Catania, il segretario Generale, tutta la segreteria e il direttivo che hanno sposato la causa della regolamentazione del settore delle telecomunicazioni. Le stabilizzazioni e l'energia con il quale sono state affrontate dovrebbero essere di esempio per molte altre categorie, dove vengono utilizzati i lavoratori atipici nelle loro più varie forme. Ma vi confido che è difficile vedere un impegno a tutto tondo per l'occupazione a tempo indeterminato in altre categorie.
Approfitto di questo evento però oltre che per i sinceri ringraziamenti, per mettere in evidenza alcune criticità che siamo costretti ad annotare, e che il filo comune che lega gran parte dei lavoratori del settore: il precariato sociale. Precariato sociale e precariato di lavoro hanno dei confini sfumati, e talvolta si confondono. Con il termine precariato si intende, generalmente, la condizione di quelle persone che vivono, involontariamente, in una situazione lavorativa che rileva, contemporaneamente, due fattori di insicurezza:
1.mancanza di continuità del rapporto di lavoro e certezza sul futuro;
2.mancanza di un reddito adeguato su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura.
Affinché tutto sia più semplice, adesso procedo, brevemente, all'analisi delle tipologie di lavoratori del settore delle TLC.
La somministrazione.
Il 2008 è l'anno cruciale per la somministrazione, la legge 276/03 getta le basi per il contratto delle agenzie di somministrazione, nel luglio del 2008 nasce il primo CCNL delle agenzie in somministrazione. Si aprono, letteralmente, i cancelli delle aziende del settore delle TLC. Il settore delle telecomunicazioni, insieme a quello del commercio sono i settori dove vengono impiegati più somministrati, pensate che nel 2010 in Sicilia il 20% delle missioni dei somministrati sono nel settore delle telecomunicazioni. Queste issioni portano con se tanti se e tanti ma…I se e i ma nascono da tante sviste dei contratti nazionali sia delle telecomunicazioni che delle agenzie delle somministrazioni, spesso in nome dell'occupazione. Ma non è questo che voglio sottolineare. L'accento voglio metterlo sul fatto che i lavoratori somministrati anche se equiparati ai lavoratori a tempo indeterminato, vivono giornalmente l'angoscia del rinnovo, vero elemento di stress. Credetemi “l'esame” di valutazione che si è costretti a subire, genera molta sofferenza, e rende la vita molto precaria; non solo economicamente perché la missione non potrebbe essere reiterata, ma soprattutto perché psicologicamente genera molto stress. Il mancato rinnovo, la necessità di lavoro rende il Lavoratore non libero ma assoggettato alla paura di uscire dal mercato del lavoro e quindi precario sociale.
Il co.co.pro.
Con la circolare n° 78/2007 meglio identificabile col nome del ministro Damiano, era arrivata una ventata di rinnovamento proprio nel settore delle TLC. Infatti l'evidente incompatibilità tra contratto a progetto e la possibilità di fare un lavoro di call-center inbound ha dato la possibilità di fare tante vertenze e di iniziare a dare un nuovo volto al settore. Infatti il lavoro dell'operatore telefonico, prima scarsamente qualificato, routinizzato, quasi di tipo fordista, diventa una professione. Il lavoratore diventa un impiegato. Ma le cose non vanno meglio per gli altri lavoratori che invece si occupano di out-bound. Confermando, che tutti e dico tutti i lavoratori a progetto sono subordinati, e non parasubordinati, anche nelle aziende più virtuose. Anche qui l'accento lo poniamo su uno degli aspetti determinati, il salario. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione dei rapporti. Inoltre nella Finanziaria del 2007 è stato opportunamente inserito fra i parametri di riferimento per la determinazione del compenso, quelli “corrisposti per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei Contratti collettivi nazionali di Lavoro ”. Ma con l'esperienza che abbiamo sappiamo benissimo che i lavoratori a progetto sono quelli nel gradino più basso della scala dell'evoluzione del lavoratore.
Il LAP è l'esempio del cittadino precario: svolge mansioni scarsamente professionalizzanti, scarsamente tutelato (pensate che la durata del contratto è un accordo tra le parti), e non ultimo scarsamente remunerato, il salario infatti è scollegato dalle logiche che ho appena citato.
Queste forme atipiche di contratto di lavoro sono sempre utilizzate in nome della flessibilità.
La flessibilità, adeguatamente sostenuta da strumenti di sostegno al reddito, permette di portare valore aggiunto, sia in termini economici al lavoratore, che in termini di miglioramento delle performance per le aziende. Crea tensione positiva nel sistema dell'offerta e possibilità di scegliere le risorse più adatte al sistema della domanda. E' evidente che stiamo parlando di flessicurezza, che in un sistema economico e sociale come il nostro sembra lontano anni luce. La lotta alla precarietà parte, dunque, dalla consapevolezza che bisogna prima creare un adeguato e organico pacchetto di sostegni a paracadute, per coloro che si trovano in situazioni di non lavoro e, di contro, un'azione di tipo sanzionatorio per i casi di non osservanza delle regole.
Il tempo indeterminato part-time.
Non ultimo anche il lavoratore a tempo indeterminato, che per logiche complesse viene assunto con un contratto part-time,spesso di 20 ore settimanali, ma che giornalmente svolge più ore lavorative, utilizzando lo strumento del lavoro supplementare per creare reddito. Così facendo il lavoratore si crea un' economia domestica “falsata” basata sul reddito e non sul salario. Se il lavoro supplementare per una qualsiasi eventualità non potesse essere svolto, il lavoratore si troverebbe in una condizione di forte disagio. Qui la precarietà è rappresenta dalla differenza tra reddito e salario.
Per questo oggettivamente non posso criticare la disponibilità oraria, che tanto ha sconvolto la vita di molti neo dipendenti di Almaviva, e creando critiche spesso sterili anche tra noi: è un modo per aumentare il salario e creare reddito, per 12 mesi ha allontanato quel senso di precarietà sociale che anche i lavoratori a tempo indeterminato hanno.
Compagni, tutto questo è precariato,tutto questo è precariato sociale, ormai ad essere precario non è solo il lavoratore atipico, che non ha la sicurezza economica nel lungo periodo, ma è chi ogni mese deve fare i conti con salari di 600€, e una vita da affrontare.
In un contesto lavorativo come quello italiano, essere precari significa non poter mettere a frutto il proprio titolo di studio - che ai fini reddituali risulta del tutto ininfluente - significa dequalificare il proprio profilo personale. Significa incrementare i profitti delle imprese e comprimere i redditi, senza per altro offrire i benefici della flessibilità, con la difficoltà a svolgere una vita normale, immolando sull'altare della vita la qualità stessa della vita.
Il Segretario Generale del NIdiL CGIL di Catania Giuseppe Oliva