Crisi occupazione in atto nel settore delle telecomunicazioni con particolare riferimento all’area dei call center in outsourcing.
A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano, del 14 giugno 2006, nel territorio della Provincia di Catania, diverse aziende che operavano nel settore dei call center in outsourcing hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, circa 1500 lavoratori. Successivamente molte altre aziende del settore hanno continuato ad assumere utilizzando tale tipologia contrattuale.
Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 che prevede l’erogazione in conto capitale di contributi a favore delle imprese che intendono promuovere programmi di investimento nelle aree depresse e quelli di cui alla L. 407/90 che prevede, a fronte dell’assunzione di lavoratori con contratto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato sgravi contributivi e previdenziali per un periodo di 36 mesi.
Come già detto, i benefici di cui alla L.407/90 sono utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi, quindi i benefici stanno progressivamente venendo meno, per cui nel momento in cui i costi del personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente, potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio, per trasferirle in altre parti della nostra penisola e da lì fare ripartire la giostra della “precarizzazione implicita” dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Inoltre, sempre in tale settore è fortemente in atto una delocalizzazione delle attività verso l’estero, soprattutto verso l’Albania e la Romania. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky), aziende che operano anche nel nostro territorio.
A conferma di quanto sosteniamo in materia di delocalizzazione selvaggia, occorre sottolineare che, al di là delle dichiarazioni rese da parte del Governo Italiano, che della presunta “italianità” della compagnia di bandiera Alitalia ne aveva fatto un cavallo di battaglia, quest’ultima sta perseguendo pervicacemente la strada del trasferimento delle attività all’estero e ciò proprio a partire dalle attività affidate ai call center.
Denunciamo a tal proposito che Alitalia, nell’intenzione di perseguire la strada delle delocalizzazioni, ha trasferito il 40% delle commesse relative all’attività di contact center, sino ad oggi affidate alla italianissima e sicilianissima Alicos (società del gruppo Almaviva presso cui lavorano più di 7000 giovani siciliani, di cui circa 2000 a Catania), a Teleperformance che è un altro operatore delle telecomunicazioni che, a sua volta, pur avendo il personale in solidarietà, ha trasferito in Albania la gestione di tali attività.
Il governo della Regione Sicilia e quello nazionale, così come ritengo anche quello della Regione Puglia, nei confronti di Alitalia hanno l’obbligo morale e civile di intervenire in maniera chiara netta e decisa. Non siamo disponibili a perdere le centinaia di posti di lavoro guadagnati a fatica, soprattutto se ciò non è utile a far rientrare i lavoratori di Teleperformance dalla solidarietà.
Il motivo che sta dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione imposta dalle committenti è semplice: fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer, tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente. Qualità che dovrebbe essere recuperata, a detta di talune committenti, attraverso il controllo diretto e massiccio delle attività esercitate dagli outsourcer tramite il temibile mass recording ovverossia la registrazione di massa di tutte le telefonate.
Sulla qualità del servizio reso all’utente e sul mass recording abbiamo già proposto di avviare iniziative comuni con le associazioni dei consumatori. E’ a rischio la perdita della privacy così come delle libertà individuali. Non si può permettere tanto in Italia così come in Albania e Romania (dove tra l’altro non esistono norme ferree a tutela della privacy) che attraverso il traffico telefonico delocalizzato da Telecom, Vodafone e Wind qualcuno possa immagazzinare uno dei nostri dati personali, il timbro della nostra voce, per i fini più reconditi ed inimmaginabili.
Presso le due grandi aziende nazionali che hanno sede anche nel nostro territorio, a mio parere, sono in atto altre deleterie trasformazioni. Per quanto riguarda Vodafone (480 dipendenti circa a Catania) ci preoccupano fortemente sia la politica di delocalizzazione verso l’estero delle attività di contact center (sono a rischio quasi 400 posti di lavoro) che le riorganizzazioni, definite, in maniera più edulcorata e meno ansiogena ‘nuovi modelli organizzativi’, che stanno investendo il settore dell’Information Technology. Abbiamo l’impressione che dietro tali pratiche ci sia il tentativo di procedere ad un ulteriore ridimensionamento dei perimetri delle attività oggi presenti a Catania ed in Sicilia, con relativo trasferimento, di un centinaio di tecnici di rete. Questi tentativi sono da respingere perentoriamente.
Per ciò che riguarda Telecom ci preme dire che sono in atto malpractices che rischiano di mettere in ginocchio l’intero settore. Telecom, attraverso la società controllata Telecontact, sta proponendosi sul mercato dell’outsourcing nazionale, partecipando a gare che regolarmente si aggiudica con ribassi che non permettono neppure la sostenibilità del costo del lavoro. Abbiamo l’impressione che Telecom, attraverso la sua controllata, voglia nel breve periodo condizionare, spingendo verso il sottocosto, l’intero mercato, per poi infine proporsi (e gli eventuali interessi non possono che essere legati alla cassa ed alla liquidità immediata) quale monopolista unico, e ciò a discapito delle buone pratiche che ci hanno consentito di rendere stabile un bel segmento di mercato, all’interno del quale l’unica occupazione possibile era quella del lavoro a progetto.
In sintesi, per ritornare al punto, qual è l’allarme? Il lievitare dei costi che è derivato dal venir meno dei benefici previsti dalla L.407/90, lo strapotere delle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, grazie alle malpractices nell’assegnazione degli appalti, e la delocalizzazione in atto, sta facendo sì che molti call center in house ed outsourcing stiano gradualmente dismettendo le proprie attività per riavviarle all’estero.
Migliaia di posti di lavoro sono a rischio a Catania ed in tutta la Regione. In particolare a Catania chi rischia da subito sono gli oltre 2.000 lavoratori dipendenti di quelle aziende presso le quali abbiamo operato affinché fosse resa possibile una prospettiva di stabilizzazione ai tanti lavoratori precari. Presso tali aziende ed in particolare in Almaviva (6000 dipendenti in Sicilia, di cui 2000 a Catania), puntando sul fatto che solo attraverso la crescita dimensionale delle aziende si può rilanciare la produttività nel paese, stiamo scommettendo in un processo di stabilizzazione che dovrebbe concludersi a giugno con la stabilizzazione di più di 300 lavoratori (soprattutto lavoratrici) che al momento operano in somministrazione e vi assicuro che non è facile nella nostra Regione. Non è facile trovare nelle istituzioni interlocutori attenti e sensibili, pensate che non è nemmeno facile capire, nella nostra regione, se le giovani donne che dovrebbero essere stabilizzate in tali attività industriali, rientrino oppure no tra i lavoratori svantaggiati.
E’ per tale serie di ragioni, perciò, che proponiamo che tutti i soggetti che hanno interessi sociali nelle attività di impresa promuovano le seguenti proposte:
1) Stabilizzazione: continuare a sostenere la stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione, ciò con il duplice scopo di poter recuperare all’occupazione stabile una buona fetta della popolazione attiva e di contribuire ad abbassare, grazie all’utilizzo di specifici benefici, quali il credito di imposta a fronte di nuove assunzioni, il costo complessivo del lavoro all’interno delle singole aziende. Ricordiamo a tutti che il ricorso alle APL, le cosiddette agenzie interinali, incide sul costo del lavoro mediamente intorno al 7-15% e che un maggiore costo del lavoro in settori di attività “work intensive” può pregiudicare la tenuta dei livelli occupazionali, così come la sopravvivenza delle stesse aziende.
2) Black List: prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici, ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;
3) Delocalizzazioni: chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire in maniera pesante nei confronti di chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero, come Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc., che operano gestendo servizi di pubblica utilità utilizzando licenze nazionali e, soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato ed operando all’estero senza riguardo per i dati personali, sensibili e biometrici dei cittadini/utenti.
4) Benefici per le aziende: prevedere che nel territorio regionale possano essere messi a disposizione, per essere concessi in affitto a prezzi socialmente convenuti, gli immobili inutilizzati di proprietà degli EE.LL., e ciò a beneficio di tutte quelle aziende che ne fanno richiesta, a condizione che sia stato incrementato negli anni il numero dei lavoratori occupati e che assicurino un ulteriore incremento del numero degli addetti. Tutto ciò sarebbe utile anche a limitare le eventuali ingerenze sul mercato degli affitti degli stabilimenti industriali che parte del malaffare finisce con il determinare. Il contrasto alla criminalità ed alla Mafia lo si pratica, anche, contrastandone gli interessi.
5) Trasparenza negli appalti e tutele per i lavoratori: prevedere che si disciplinino nazionalmente, per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TCL in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:
a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;
b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL (anche in caso di insolvenza dell’azienda, tramite specifiche trattenute cauzionali da effettuare sul valore della singola commessa),
c) l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.
Non pretendiamo certo che le grandi committenti del settore possano, dall’oggi all’indomani, prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali, ma a nessuno deve essere permesso di agire così come ha agito Enel Energia a Catania.
Se i 68 lavoratori di Sicilia Consulting sono senza lavoro grandi responsabilità vanno attribuite ad Enel Energia, grandi responsabilità sono da ascrivere anche agli organi centrali e periferici della Regione e dello Stato che ancora non hanno convocato tavoli di governance per i settori in crisi, all’interno dei quali si potrebbe favorire la ricollocazione al lavoro anche in altre imprese che operano sulla stessa commessa o in commesse di pari interesse. Per la ricollocazione di tali lavoratori è in corso una intesa che rischia di venire meno per il fatto che non è stato possibile, per responsabilità di quelle istituzioni che dovrebbero convocare gli incontri, rinnovare l’accordo per la cassa integrazione in deroga ne è stato possibile utilizzare altri benefici di legge (i criteri secondo cui è stato disposto il welfare to work in Sicilia sono quanto meno discutibili e non vado oltre)
d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC, all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati personali che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione criminale e di riciclaggio di denaro di illecita provenienza.
Su queste proposte, a partire dalla metà del 2009 abbiamo chiesto, per iscritto, alla Provincia Regionale di Catania ed al Governo della Regione Siciliana di aprire un confronto, ma a fronte delle continue richieste non abbiamo avuto modo di poter apprezzare alcuna risposta concreta. Gli unici che si sono resi sempre disponibili sono stati i deputati regionali con un passato da sindacalista.
6) Applicazione degli ammortizzatori sociali ordinari: è vero quanto sostiene l’INPS: è l'azienda che richiede l’attribuzione del codice statistico contributivo, però è altrettanto vero, aggiungiamo noi, che compete all’INPS assegnarlo in maniera corretta.
I call center, molti dei quali sono già iscritti nel settore industria (vedi Telecom, Almaviva e Fastweb) dovrebbero essere tutti iscritti alle classi che permettono ai lavoratori addetti di poter utilizzare gli ammortizzatori sociali ordinari. Su tale questione, bisogna mettere su un tavolo di competenti per la risoluzione della citata problematica. Anche su tale questione le aziende che non versano le quote per cassa integrazione e mobilità agiscono sul mercato esercitando dumping.
Noi su queste questioni di merito:
a) il diritto ad un lavoro stabile e maggiori tutele per i lavoratori;
b) attivazione delle clausole sociali di salvaguardia e politiche attive per il lavoro;
c) trasparenza nella gestione delle risorse e trasparenza nell’assegnazione degli appalti;
d) contrasto alle delocalizzazione all’estero e reale tutele per i dati personali e sensibili di tutti i cittadini,
continueremo a batterci e a chiedere alla politica, anche a quella più attenta alle proprie necessità interne che alle reali esigenze del paese, di svegliarsi dal torpore e di andare incontro alla gente.