30 maggio 2011

Digital Divide, riflessioni di Giovanni Pistorio

Nell’aprile del 2010 la Commissione Europea ha esposto a mezzo di un “libro verde” le proprie riflessioni sulle industrie culturali e creative.

Il punto di vista illustrato tiene conto del rapido emergere delle nuove tecnologie e della svolta nel settore caratterizzata dall’abbandono delle forme tradizionali di produzione industriale a vantaggio dei servizi e dell’innovazione.

Le comunità creative, viene sottolineato, man mano verranno chiamate a sostituire le vecchie fabbriche della conoscenza e la materia prima di queste comunità creative sarà la capacità di “immaginare, creare e innovare”. Viene affermato, inoltre che la “capacità di creare esperienze e reti sociali” diventa fattore di competitività.

Saranno, sempre più, le comunità creative a determinare gli sviluppi e le nuove frontiere della produzione culturale e a sostenere lo sviluppo di nuove sapienze.

E’ facile desumere che i canali attraverso cui scambiarsi queste nuove sapienze e l’informazione giornalistica sono quelli resi disponibili dalle tecnologie digitali dell'informazione e della comunicazione.

Infatti, ci viene ricordato che “questo fattore ha in tutti i settori enormi ripercussioni su tutta la catena del valore, dalla creazione alla produzione, alla distribuzione e al consumo dei beni e dei servizi culturali”. Ed inoltre è attraverso la disponibilità di una infrastruttura a banda larga che le comunità soprattutto delle zone urbane e rurali, potranno produrre e diffondere, ad un costo inferiore, la produzione di opere ed esporre l’informazione.

Chi verrà chiamato, quindi, a disporre i programmi della nuova digitalizzazione e chi ne gestirà i confini finirà , in assenza di una attenta super visione politica, con il determinare l’accesso alla informazione e la trasmissione delle conoscenze. In assenza di garanzie, il digital divide rischia di divenire il nuovo “fossato d’offesa” , il fossato che divide chi potrà avere accesso ai nuovi strumenti e chi non lo potrà.

L’affare miliardario della banda larga e anche il dominio politico che, attraverso il suo controllo, si potrà esercitare è la vera ragione per la quale in quale i più importanti investitori del settore stanno ridefinendo i rispettivi confini industriali e a tal punto bisogna fare chiarezza su alcune questioni.

Innanzitutto è chiaro che il futuro della trasmissione dati, nel nostro paese, andrà ad incrociarsi con il futuro della televisione e ciò per il progressivo declino della Tv tradizionale a vantaggio della trasmissione sul satellite e soprattutto per il sopravvento della Iptv che entra attraverso il doppino telefonico o la banda larga. E’ sulla Iptv che si concentrano le attenzioni di Mediaset che non fa segreto di poter essere interessata nel futuro dell’eventuale acquisto di quote di quelle società che dovessero detenere la rete. A questo punto l’unico ostacolo alle mire monopolistiche di Mediaset è rappresentata da Telecom in quanto sino a quando non avverrà la divisione societaria della rete dell’ultimo miglio ogni eventuale azione sarebbe impossibile da realizzare.

C’è da aggiungere, inoltre, che per poter disporre di una rete veramente innovativa e capace di soddisfare servizi ultrabroadband dovrebbe comunque essere sostituito il vecchio doppino con la fibra “ Fiber to the cabinet” e qui dovrebbe entrare in gioco Cassa Depositi e Prestiti, l’unico investitore capace di sostenere un impegno finanziario simile.

Gli interessi di Mediaset , che mira non solo ad un business ancora più redditizio di quello determinato dalla gestione delle reti televisive nude e crude, ma anche ad un controllo più capillare della raccolta pubblicitaria, della diffusione dell’informazione e della trasmissione di una conoscenza da assoggettare ad un nuovo regime, finiscono con il condizionare l’evoluzione della trasmissione dei dati.

Le progressive cessioni di ramo d’azienda che stanno interessando, vedi Vodafone verso Ericsson, gli OlO (operatori di reti di telecomunicazione diversi da Telecom) o che a quanto parer potrebbero interessare altri OLO , verso altre società che a loro volta potrebbero anche (purtroppo) essere partecipate in maniera più o meno diretta dalle cessionarie , stanno tutte all’interno di questa partita.

Vodafone, così come altre aziende del settore, al di la di quanto viene dichiarato nel corso di innumerevoli plenarie interne, in una corsa senza fine continuano a ridimensionare il proprio perimetro per trarre risorse utili per tali nuovi investimenti.

Cosi come a mio avviso è significativo il conferimento di ramo di azienda che sta interessando Elettronica Industriale (società del gruppo Mediaset) che trasferisce ad una new co. la gestione delle reti nonché la gestione dei servizi di distribuzione.

A pagare lo scotto di tanta disattenzione politica (l’unica “Istituzione” che continua a battersi a tutela delle garanzie continua ad essere il sindacato) sono in prima istanza i lavoratori fatti oggetto di cessione che vivono una condizione di assoluto precariato sociale. In seconda battuta ne pagherà lo scotto il cittadino/utente che ben che vada rischia la discriminazione culturale se non il tentativo, ancora più pervicacemente sostenuto, di un assoluto condizionamento mediatico e politico.

Giovanni Pistorio