21 luglio 2011

Corte Cassazione Lavoro – sentenza 15282/2011. Superamento del periodo di comporto e licenziamento illegittimo.

Riteniamo utile mettervi a conoscenza di una importante sentenza della Corte di Cassazione: sentenza n.15282 del 12 luglio 2011.

La Suprema Corte si è occupata della questione di un lavoratore che ha superato il comporto di malattia contrattualmente previsto e, in questo caso, il datore di lavoro invece di procedere al licenziamento del lavoratore lo ha sottoposto a visita per verificarne l'eventuale idoneità al lavoro.

La visita medica si è conclusa con la constatazione dell’assenza di qualsiasi inabilità al lavoro ma il lavoratore è stato comunque licenziato per superamento del comporto.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento e la Corte d’Appello di Roma con sentenza del 23.11.2006 – 14.05.2008 lo ha annullato, in quanto ingiustificato: “doveva ritenersi che il datore di lavoro, essendo spirato il periodo di comporto a suo avviso scaduto ed a fronte della ripresentazione del prestatore per fornire la sua prestazione lavorativa (in data 8.10.1995), avesse abdicato all’esercizio del potere di recesso con l'invito rivolto al lavoratore di sottoporsi a visita medico legale e doveva del pari escludersi che tale potere potesse successivamente rivivere dopo l'esito della visita, conclusasi nel senso dell’assenza di qualsivoglia carenza di inabilità per lo svolgimento dell'attività lavorativa; esclusa l’oggettività automatica della scadenza del periodo di comporto ai fini della risoluzione, che doveva invece essere sempre all'esercizio del potere di recesso, andava infatti valutata come contraddittoria la condotta di chi, superato il periodo di comporto, non lo aveva fatto valere ed anzi aveva disposto l'invio del prestatore alla visita medico legale per verificare se fosse in condizione di lavorare - in implicita manifestazione di volontà di riammetterlo in caso di visita positiva e successivamente nonostante l'esito della visita di piena idoneità al lavoro, invece avesse riesumato la questione del periodo di comporto da tempo scaduto per inferirne la motivazione del recesso”.

Il datore di lavoro, quindi, sostengono i giudici di merito, non ha esercitato il diritto di rescissione del contratto ma ha richiesto una visita di idoneità con l'implicita volontà – in caso di idoneità – di continuare il rapporto di lavoro.

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il superamento del periodo di comporto, se non è fatto valere dal datore, che anzi ha invitato il prestatore a sottoporsi a visita medica per verificarne l’eventuale idoneità al lavoro, rende illegittimo il successivo licenziamento.

Infatti: “l’invio del prestatore alla visita medico legale per verificare se fosse in condizioni di lavorare pur essendo già stato superato il periodo di comporto” ha un significato univoco e “coerente” con il ragionamento a fondamento del giudizio della Corte territoriale. E non può “essere inficiato” in sede di legittimità “dalla prospettata diversa valutazione derivante dalla dedotta astratta possibilità che gli accertamenti sullo stato di salute del lavoratore fossero funzionali alla soddisfazione di diversi interessi e, in particolare, a quello di accertare la veridicità dello stato di malattia in vista dell’adozione, in caso negativo, degli opportuni provvedimenti”.

Se il datore di lavoro vuole intimare un licenziamento per superamento del periodo di comporto deve farlo tempestivamente.

Al contrario, se decide di inviare il lavoratore a visita medica legale per accertarne l’idoneità al lavoro, dimostra di aver rinunciato alla facoltà di recedere per il superamento del periodo di comporto e quindi dovrà attenersi all’esito della suddetta visita medica e, se il lavoratore dovesse risultare idoneo, non potrà più licenziarlo per superamento del periodo di comporto.

Cari saluti,

p. il settore R. Scipioni

p. il Collegio di Presidenza F. Gasparri


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