Questa volta la mobilitazione è davvero globale, per un 14 febbraio davvero all’insegna di una battaglia di civiltà. È quella contro la violenza sulle donne, una piaga che colpisce il genere femminile ovunque, anche se con forme diverse. A livello internazionale l’evento si intitola “One billion rising”, un miliardo di donne impegnate, attraverso un ballo e una presenza collettiva, per la tutela dei loro diritti che poi non si possono distinguere da quelli della persona in generale.
Siamo di fronte ad un’azione planetaria – passata forse troppo sotto silenzio dai massmedia italiani – che coinvolge migliaia di città di tutti i paesi, dall’Ucraina al Pakistan, dalla Cina al Sud America, un’azione forte e condivisa, capace di unificare donne (e non solo) provenienti da ogni cultura. Di solito fanno scalpore la condizione delle donne in Arabia Saudita, oppure le mutilazioni genitali femminili o ancora ilfemminicidio in Messico, ma ciò che impressiona di più è lo stillicidio di violenza quotidiana spesso cancellato da una cultura ancorata a un vecchio tradizionalismo patriarcale.
L’iniziativa ha suscitato grande curiosità e attenzione da parte dei media di tutto il mondo, Guardian in testa. Per diffonderla è stato realizzato anche un video dal titolo «Break the Chain» (Rompere le catene). Migliaia di organizzazioni in tutto il mondo hanno aderito: da Amnesty International a Equality Now, mentre si allunga di giorno in giorno la lista di testimonial d’eccezione che supportano la campagna: oltre Robert Redford, Yoko Ono, Naomi Klein, Jane Fonda, Laura Pausini, è arrivata negli ultimi mesi l’adesione del Dalai Lama, di Anne Hathaway, di Berenice King (figlia Martin Luther King) e di Michelle Bachelet, ex Presidente del Cile e oggi responsabile di UN Women.
Tra i movimenti e le associazioni aderenti, per fare un solo esempio, spicca il gruppo “Se non ora quando?”, che – è bene ricordarlo – fu tra i protagonisti della mobilitazione di due anni fa, quando l’indignazione delle donne per il maschilismo e la volgarità imperante nella politica italiana, soprattutto nella figura di Berlusconi, aprì una pagina di speranza per il paese.
Con la stessa coscienza politica queste donne hanno lanciato un appello in vista delle elezioni politiche imminenti. Si legge tra l’altro con particolare riferimento ad alcuni provvedimenti possibili da mettere in campo sul fronte socio-economico: “un welfare che consenta l’occupazione femminile e offra alle famiglie indispensabili servizi di cura per le bambine e i bambini, le persone anziane e quelle disabili; politiche contro la precarietà lavorativa di giovani e donne; l’estensione dell’indennità di maternità e del congedo di paternità obbligatorio; il contrasto della violenza contro le donne e del femminicidio; la ridefinizione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano in funzione di una nuova idea di cittadinanza, per una rappresentazione rispettosa e plurale delle donne; la promozione di una cultura di genere a tutti i livelli dell’educazione; la pienezza dei diritti civili per tutte le donne, omosessuali ed eterosessuali, italiane e straniere, e la cittadinanza per chi nasce in Italia; la difesa e l’applicazione della 194 su tutto il territorio; l’obbligo di valutazione dell’impatto di genere di tutti i provvedimenti legislativi e governativi, in linea con le raccomandazioni europee”.