07 febbraio 2013

Lavoro: per licenziare la colf bisogna versare sempre 1.450 euro

La riforma del lavoro siglata dal ministro Fornero ha un impatto molto importante anche sul lavoro domestico dove, le procedure di licenziamento, in passato semplificate, adesso comportano un ulteriore carico economico per il datore di lavoro.  Il datore di lavoro domestico, infatti, deve versare un contributo una tantum all’Inps per finanziare l’Aspi, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego. Con la riforma degli strumenti di sostegno al reddito, è stato previsto che possono accedere all’Aspi, in caso di licenziamento, anche badanti, colf, baby sitter e altri soggetti che abbiano un lavoro domestico a tempo indeterminato.
L’una tantum si calcola sulla base dell’anzianità di servizio e non sulla base delle ore lavorate, perciò, il datore di lavoro, per una collaboratrice domestica che per 3 anni abbia lavorato in casa per 8 ore alla settimana e per una badante assunta full time da 3 anni che lavora invece 8 ore al giorno, dovrà versare "sempre" 1.451,40 euro.
La legge di riforma, oltre al corrispettivo calcolato sulla retribuzione per finanziare l’Aspi, ha quindi introdotto il contributo ulteriore destinato al finanziamento dell’assicurazione, previsto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore. Questo vuol dire che l’importo è dovuto anche nel caso di licenziamento per giusta casa e nel caso in cui – facciamo un esempio limite – muoia il datore di lavoro. Non si tratta di una novità di poco conto visto che finora, in caso si licenziamento della colf, non era necessario nemmeno indicare la motivazione, non c’erano oneri economici per il datore di lavoro e occorreva soltanto rispettare il periodo di preavviso.  La nuova normativa interessa circa 815 mila datori di lavoro, ad eccezione di coloro che, per pagare il collaboratore domestico, hanno scelto la formula dei voucher.