31 maggio 2011

Lavoro: Miceli (Slc/Cgil), rinnovo contratto grafici dimostra forza sindacato

DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI

SEGRETARIO GENERALE SLC/CGIL

- Stanotte abbiamo sottoscritto il contratto dei Grafici. Non era scontato dopo 14 mesi dalla scadenza. Come speravamo tutti, alla fine ha prevalso il buon senso e credo si possa dire che quello sottoscritto sia un buon contratto. E lo è non solo per la sua distanza dall’accordo separato del 2009, ma soprattutto perché con questo contratto si apre il grande tema di una regolazione autonoma del modello contrattuale da parte della categoria.

Nessuno, ovviamente, milita a favore di una idea tutta autosufficiente della categoria, ma è bene che il contratto di lavoro acquisti una sua peculiarità sempre più forte attraverso la capacità di sciogliere esso stesso alcuni nodi. Cosa rimandare alla

contrattazione di secondo livello, ad esempio; oppure il grande tema dei precari che trova spazio ancora insufficiente, in questo rinnovo, in una commissione che dovrà valutare attraverso quali modalità giungere all’estensione della sanità integrativa, ma che entra di fatto all’interno di un contratto collettivo, cosa che riteniamo decisiva affinchè il contratto possa e debba rappresentare tutto il lavoro e tutti i lavoratori.

Insomma, si apre uno spazio di ricerca sul campo e soprattutto una sfida, per noi e per le imprese. E’ l’alternativa alle deroghe ed ai contratti aziendali sostitutivi; è il tentativo di riagganciare i lavoratori atipici, sequestrati dalle aziende al sistema delle relazioni industriali ed alle tutele collettive; è, infine, la riaffermazione alta del principio che il salario non è un mero calcolo matematico da fare su indicazione di una società di analisi, ma l’oggetto più prezioso della contrattazione che regola la

stessa organizzazione del lavoro.

Ecco, noi, la SLC, la Uilcom, la Fistel ed Assografici alla fine abbiamo scelto questa strada, con buona pace dei Sacconi di turno, ancora attardati sulla via dell’isolamento della Cgil. Se ve ne fosse stato bisogno, questo rinnovo contrattuale dimostra che il sindacato, pur nelle sue articolazioni, se non si divide è un soggetto forte. Non è poco!

Teleperformance: In&Out comunicato SLC-CGIL del 31 maggio 2011

COMUNICATO

SERVONO GARANZIE REALI. NO AD UNA LENTA AGONIA:

Dopo la riuscita della giornata di mobilitazione del 23 maggio u.s., siamo in attesa di sapere se il Governo intende affrontare la vertenza di Teleperformance in una sede politica, quale la Presidenza del Consiglio o il Ministero dello Sviluppo Economico e non in qualche sede meramente tecnica magari con l'obiettivo di giungere ad una cassa integrazione a zero ore o alla mera proroga del contratto di solidarietà, senza garanzie alcune sulla ripresa del lavoro per tutti.

Non è infatti una questione strumentale avere o meno garanzie chiari ed esigibili che l'azienda deve prendere al massimo livello, ma un elemento fondamentale per poter continuare a sperare in un futuro.

Il punto di questa vertenza è infatti avere garanzie che l'azienda ogni anno o ogni 6 mesi non prosegua con la politica del carciofo: chiedendo soldi pubblici agli enti locali e prorogando anno dopo anno gli ammortizzatori. Anche perché dopo la cassa in deroga, senza impegni concreti sulle attività lavorate in Italia, sugli investimenti, sulle nuove commesse, c'è il licenziamento. Piaccia o no, questa è la realtà.

Come SLC-CGIL vogliamo trattare ma con la garanzie che non succeda come l'anno passato. Senza impegni precisi, concreti ed esigibili, rischiamo che ogni anno questa storia si ripeta. Teleperformance deve garantire che rimarrà in Italia per i prossimi anni e che rilancerà la propria azienda, con investimenti quantificabili e verificabili e con l'impegno che tutti tornino in produzione. Senza queste garanzie già sappiamo cosa sarà la cassa integrazione in deroga o un altro contratto di solidarietà: un modo per spingere molti lavoratori ad accedere magari alla mobilità volontaria, a cercarsi un altro lavoro, a dimettersi presi dalla disperazione tornando magari lavoratori precari o peggio, cercando qualche lavoro in nero. Il tutto con l'evidente obiettivo di chiudere la sede di Via Priscilla (e mettere fuori i relativi lavoratori), ridurre l'occupazione a Parco Leonardo, condannare Taranto ad una specie di limbo, sempre in bilico tra ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga (per pochi mesi o con l'ansia di dover ogni volta sperare che ci siano i soldi) e magari il ricatto/promessa di un contratto a progetto.

Noi chiediamo solo di poter trattare con tutte le garanzie di credibilità e affidabilità, con la volontà di ottenere assicurazioni sul medio termine. Senza rinunciare ai diritti che ci siamo conquistati.

Per questo chiediamo ai lavoratori di dare al Sindacato un mandato esplicito, sottoponendo in assemblea al voto il seguente ordine del giorno:

"Diamo mandato al sindacato tutto e a tutte le RSU per una trattativa presso la Presidenza del Consiglio o il Ministero dello Sviluppo Economico (o comunque presso una sede politica dove vi siano esponenti del Governo) che obblighi Teleperformance a dire chiaramente se e come intende rimanere in Italia, garantendo investimenti e sviluppo al fine di mantenere i livelli occupazionali. Pronti a fare sacrifici esclusivamente se si avranno impegni certi ed esigibili, anche riportando in Italia commesse vinte, ma lavorate in Albania o in altri Paesi. E in ogni caso si impegnano le RSU e il Sindacato prima di firmare qualsivoglia accordo a far votare i lavoratori il mandato o meno a firmare".

Questa la posizione di SLC-CGIL, questo l'ordine del giorno che chiederemo ai lavoratori di votare in assemblea per una trattativa vera, sostenuta dalla mobilitazione e dalla partecipazione dei lavoratori.

La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL

30 maggio 2011

Digital Divide, riflessioni di Giovanni Pistorio

Nell’aprile del 2010 la Commissione Europea ha esposto a mezzo di un “libro verde” le proprie riflessioni sulle industrie culturali e creative.

Il punto di vista illustrato tiene conto del rapido emergere delle nuove tecnologie e della svolta nel settore caratterizzata dall’abbandono delle forme tradizionali di produzione industriale a vantaggio dei servizi e dell’innovazione.

Le comunità creative, viene sottolineato, man mano verranno chiamate a sostituire le vecchie fabbriche della conoscenza e la materia prima di queste comunità creative sarà la capacità di “immaginare, creare e innovare”. Viene affermato, inoltre che la “capacità di creare esperienze e reti sociali” diventa fattore di competitività.

Saranno, sempre più, le comunità creative a determinare gli sviluppi e le nuove frontiere della produzione culturale e a sostenere lo sviluppo di nuove sapienze.

E’ facile desumere che i canali attraverso cui scambiarsi queste nuove sapienze e l’informazione giornalistica sono quelli resi disponibili dalle tecnologie digitali dell'informazione e della comunicazione.

Infatti, ci viene ricordato che “questo fattore ha in tutti i settori enormi ripercussioni su tutta la catena del valore, dalla creazione alla produzione, alla distribuzione e al consumo dei beni e dei servizi culturali”. Ed inoltre è attraverso la disponibilità di una infrastruttura a banda larga che le comunità soprattutto delle zone urbane e rurali, potranno produrre e diffondere, ad un costo inferiore, la produzione di opere ed esporre l’informazione.

Chi verrà chiamato, quindi, a disporre i programmi della nuova digitalizzazione e chi ne gestirà i confini finirà , in assenza di una attenta super visione politica, con il determinare l’accesso alla informazione e la trasmissione delle conoscenze. In assenza di garanzie, il digital divide rischia di divenire il nuovo “fossato d’offesa” , il fossato che divide chi potrà avere accesso ai nuovi strumenti e chi non lo potrà.

L’affare miliardario della banda larga e anche il dominio politico che, attraverso il suo controllo, si potrà esercitare è la vera ragione per la quale in quale i più importanti investitori del settore stanno ridefinendo i rispettivi confini industriali e a tal punto bisogna fare chiarezza su alcune questioni.

Innanzitutto è chiaro che il futuro della trasmissione dati, nel nostro paese, andrà ad incrociarsi con il futuro della televisione e ciò per il progressivo declino della Tv tradizionale a vantaggio della trasmissione sul satellite e soprattutto per il sopravvento della Iptv che entra attraverso il doppino telefonico o la banda larga. E’ sulla Iptv che si concentrano le attenzioni di Mediaset che non fa segreto di poter essere interessata nel futuro dell’eventuale acquisto di quote di quelle società che dovessero detenere la rete. A questo punto l’unico ostacolo alle mire monopolistiche di Mediaset è rappresentata da Telecom in quanto sino a quando non avverrà la divisione societaria della rete dell’ultimo miglio ogni eventuale azione sarebbe impossibile da realizzare.

C’è da aggiungere, inoltre, che per poter disporre di una rete veramente innovativa e capace di soddisfare servizi ultrabroadband dovrebbe comunque essere sostituito il vecchio doppino con la fibra “ Fiber to the cabinet” e qui dovrebbe entrare in gioco Cassa Depositi e Prestiti, l’unico investitore capace di sostenere un impegno finanziario simile.

Gli interessi di Mediaset , che mira non solo ad un business ancora più redditizio di quello determinato dalla gestione delle reti televisive nude e crude, ma anche ad un controllo più capillare della raccolta pubblicitaria, della diffusione dell’informazione e della trasmissione di una conoscenza da assoggettare ad un nuovo regime, finiscono con il condizionare l’evoluzione della trasmissione dei dati.

Le progressive cessioni di ramo d’azienda che stanno interessando, vedi Vodafone verso Ericsson, gli OlO (operatori di reti di telecomunicazione diversi da Telecom) o che a quanto parer potrebbero interessare altri OLO , verso altre società che a loro volta potrebbero anche (purtroppo) essere partecipate in maniera più o meno diretta dalle cessionarie , stanno tutte all’interno di questa partita.

Vodafone, così come altre aziende del settore, al di la di quanto viene dichiarato nel corso di innumerevoli plenarie interne, in una corsa senza fine continuano a ridimensionare il proprio perimetro per trarre risorse utili per tali nuovi investimenti.

Cosi come a mio avviso è significativo il conferimento di ramo di azienda che sta interessando Elettronica Industriale (società del gruppo Mediaset) che trasferisce ad una new co. la gestione delle reti nonché la gestione dei servizi di distribuzione.

A pagare lo scotto di tanta disattenzione politica (l’unica “Istituzione” che continua a battersi a tutela delle garanzie continua ad essere il sindacato) sono in prima istanza i lavoratori fatti oggetto di cessione che vivono una condizione di assoluto precariato sociale. In seconda battuta ne pagherà lo scotto il cittadino/utente che ben che vada rischia la discriminazione culturale se non il tentativo, ancora più pervicacemente sostenuto, di un assoluto condizionamento mediatico e politico.

Giovanni Pistorio

Digital Divide in Sicilia: Ancora esclusi dalla Rete due milioni e mezzo di siciliani

Nonostante le nuove tecnologie della comunicazione abbiano assunto negli ultimi anni un’importanza crescente accanto alla stampa tradizionale ed alla radio, la televisione resta oggi in Sicilia la principale fonte di informazione per i cittadini.

Addirittura l’unica per il 37% dei residenti nell’Isola. È uno dei dati salienti che emerge dall’indagine su "La comunicazione pubblica ed il rischio Digital Divide in Sicilia", realizzata dall’Istituto Nazionale di Ricerche Demòpolis su iniziativa della Camera di Commercio di Catania.

L’analisi focalizza, in particolar modo, le attuali modalità di informazione dei cittadini siciliani sulle attività delle Pubbliche Amministrazioni, analizzando l’accesso ad Internet e la fruizione dei siti Web degli Enti pubblici, al fine di comprendere anche l’impatto che la digitalizzazione della comunicazione istituzionale, prevista dalla legge 69/2009, potrà avere in una regione come la Sicilia, nella quale ampi segmenti di cittadini e di piccole imprese rischiano l’esclusione dall’accesso all’informazione pubblica.


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29 maggio 2011

Digital Divide: Ma questa è solo l'anteprima...

Sempre più frequentemente sentiamo e leggiamo di Digital Divide, ma letteralmente di cosa si tratta?

Per divisione digitale si intende una mancanza di accesso e di fruizione alle nuove tecnologie di comunicazione e di quelle informatiche. Il termine venne usato per la prima volta in America da Bill Clinton ed Al Gore in un periodo storico dove l'innesto di internet incominciava ad attirare pure il mondo industrializzato che si rese conto ben presto dell'importanza della "rete". I principali problemi che ne ostacolano la crescita sono in maniera prioritaria tre:

- Infrastrutture

- Condizioni economiche

- Analfabetismo informatico

In Italia il digital divide è causato prevalentemente dalla mancanza di infrastrutture adeguate e da costi molte volte eccessivi riguardante l'offerta dei vari gestori di telefonia. Da parte del Governo italiano, fiumi di parole sono stati spesi per ridurre il gap riguardante l'argomento.

Nel 2009 Paolo Romani, viceministro per lo Sviluppo, aveva varato un piano che doveva portare la banda larga a 20 Megabit al 90% della popolazione con un investimento totale di 800 milioni di euro. Bugia "MegaGalattica" dato che causa crisi gli investimenti governativi si ridussero a circa 100 di milioni (2010) non andando a valutare che un investimento in tecnologia fatto a medio, lungo termine sarebbe stata ed è un'opportunità di grande crescita per tutto il nostro Paese e non, come dichiarato da qualcuno, uno spreco di denaro.

Le grandi aziende di telecomunicazioni si stanno comunque muovendo per ridurre e fornire soluzioni logiche e fattibili al problema "Digital Divide"

Per portare alcuni esempi:

"Vodafone ha promosso il progetto 1000 comuni. Con un investimento totale di un miliardo di euro, Vodafone si è proposta di coprire con la banda larga, a partire da gennaio 2011, un totale di 1000 comuni, un comune al giorno.

La copertura Radio potrà essere utilizzata sia in mobilità che in casa e nelle Piccole Aziende, con una velocità di 2 Mbps, doppia rispetto alla soglia di 1 Mbps ritenuta, anche a livello internazionale, soglia minima di Larga Banda. Priorità ovviamente a quei comuni che sono in situazione di digital divide.

Anche Telecom, con “Anti digital divide”, si è posta l’obiettivo di portare la copertura ADSL nei piccoli comuni"

Ma questa è solo un'anteprima. L'argomento verrà ripreso ed approfondito su questo blog da Giovanni Pistorio che mi ha promesso un editoriale in tal senso.

Promessa che da buon sindacalista non tengo per me ma condivido con tutti i lettori, in modo da non far dimenticare al "Don, pardon, al Buon Giovanni" quanto detto e discusso pochi giorni fa con il sottoscritto.

Salvo Moschetto

Slc Cgil Catania

27 maggio 2011

Vodafone: Lettere FISTEL e risposta SLC su assemblee unitarie esternalizzati

Fistel:

Oggetto: Richiesta percorso di assemblee unitarie su eventuale piattaforma comune di garanzia occupazionale per esternalizzati Vodafone

A seguito dei coordinamenti FISTel CISL ed SLC CGIL del giorno 27 Maggio p.v. e di quello UILCOM UIL del 30 Maggio p.v. sul tema esternalizzazione dei 335 dipendenti Vodafone verso Ericsson per trovare una piattaforma di garanzie occupazionali comuni, come Segreteria sono a chiedervi, nella logica di unitarietà che ci ha contraddistinto sino ad oggi, di continuare su tale strada e pertanto vi invito a trovare dei giorni di comune disponibilità per fare le assemblee e presentare una piattaforma comune ai lavoratori.

Propongo la data del 31 Maggio per tenere le assemblee unitarie in tutta Italia nella rete ed eventualmente la data del 1 Giugno per passaggio informativo anche nei call center.

Poiché la data del 1 giugno è chiusura collettiva locale in alcune aree ed essendo esonerate le aree operative, nei call center non avremo problemi.

Per La Segreteria Nazionale FISTel CISL

Alessandro Faraoni


Risposta Slc:

Caro Alessandro,

vi è da parte di SLC-CGIL tutta la disponibilità ad un percorso unitario, a partire dalle prossime assemblee. L’esigenza di un coordinamento di SLC-CGIL non è infatti alternativa al giusto prosieguo della vertenza in forma unitaria, come del resto tu sai in quanto abbiamo provato insieme a tenerne uno in forma unitaria.

Ovviamente conterà il merito dei punti rivendicativi che verranno portati al tavolo. Al riguardo mi impegno a farti conoscere (e ovviamente a far conoscere anche a Salvo Ugliarolo) appena terminato il nostro coordinamento le posizioni di SLC CGIL, che sono certo saranno condivise anche dalle altre organizzazioni.

Sicuramente noi ci impegneremo perché lo siano.

Saluti,

Alessandro Genovesi – Segretario Nazionale di SLC-CGIL

26 maggio 2011

Vodafone: Alcune riflessioni su cessione di ramo d'azienda

Nel corso di qualsiasi cessione/trasferimento di ramo di azienda, all'apertura della procedura, i lavoratori fatti oggetto di cessione si mobilitano contro la cessione e chi invece non è stato fatto oggetto solidarizza con i primi più o meno attivamente.

Man mano che la procedura va avanti, soprattutto nelle fasi finali, i primi spingono per la immediata chiusura del negoziato alle migliori condizioni, mentre chi dovrebbe rimanere si agita perchè preoccupato per una possibile nuova futura procedura i cui confini non dati risultano pertanto ignoti.

Quanto sopra premesso e per tornareo ai fatti di oggi, sarebbe illogico negoziare senza tenere conto sia dell'esigenza dei primi che delle preoccupazioni dei secondi e soprattutto senza avere le idee chiare su ciò che pensiamo debbano essere ambedue le aziende interessate.

Se dovessimo tener conto solo delle garanzie per chi dovrebbe passare basterebbe sedersi al tavolo con la nuova azienda e perciò evitando inutili balletti in cui tutti tutti gli attori sono costretti a dimostrare pubblica bontà.

Occorre chiedere, quindi, ad Ericsson di esporre chiaramente i propri piani industriali e chiedere anche a chi , nel governo della cosa pubblica, partecipa ai piani dell'azienda di fornire le opportune garanzie a favore dei lavoratori occupati.

Occorre chiedere a Vodafone, che per una volta tanto potrebbe sforzarsi e dimostrarsi sincera, equivalenti garanzie per chi rimane :piani industriali, piani di sviluppo, impegni sui livelli occupazionali, MANTENIMENTO DEL PERIMETRO INDUSTRIALE, APPALTI , DIETRO FRONT SULLA DELOCALIZZAZIONE ALL'ESTERO DEI SERVIZI.

Solo dopo aver fatto chiarezza sulle questioni poste si potrebbe, eventualmente e salvo l'approvazione dell'assemblea degli interessati, dar via ad un vero negoziato.

Giovanni Pistorio

Coordinatore Generale Regionale

SLC CGIL Sicilia

Richiesta incontro a Telecom per attività svolte da Abramo Customer Care

LETTERA APERTA:

Egregio Dottore Migliardi,

le scriventi OO.SS. Nazionali e territoriali con la presente chiedono un urgente incontro in relazione all'attività svolta dalla Abramo Customer Care per conto di Telecom Italia S.p.A..

L'azienda Abramo C.C. impiega in Calabria circa 3.000 lavoratori, dedicati in larghissima parte ad attività di Telecom Italia (119 e 187).

I Lavoratori, dopo circa dieci anni di lavoro in cuffia, sempre pronti a rispondere alle varie richieste dei clienti Telecom presentandosi, come da protocollo, "Buongiorno, Telecom Italia ...." ci sollecitano un incontro con la Azienda da Voi rappresentata al fine di portarla a conoscenza della drammatica situazione in cui essi versano da circa 18 mesi.

Possiamo affermare che siamo ormai di fronte ad una deriva di un imprenditore che con sempre maggiore veemenza opera incurante della dignità dei lavoratori e delle OO.SS. anche in violazione del CCNL.

L'impossibilità di realizzare relazioni sindacali in azienda utili per la ripresa sia della produttività e, conseguentemente, del lavoro e del salario pregiudica anche il buon nome dell'Azienda committente percepita come "mandante" delle centinaia di provvedimenti disciplinari immotivati.

Grande preoccupazione esprimiamo anche in relazione all'ingresso in azienda di tanti lavoratori con contratti a tempo determinato dopo trasferimenti coatti e ignorando le legittime aspettative degli ancora tanti L.A.P. che dopo anni di sacrifici si vedono ancora una volta non stabilizzati.

Concludiamo, pertanto, sollecitando alla Telecom Italia S.p.A. un urgente incontro prima che le tante criticità presenti sul territorio calabrese divengano ingestibili. Preoccupazione che ha avuto modo di esprimere pubblicamente anche il Prefetto di Crotone e di cui è a conoscenza la prefettura di Catanzaro.

Le Segreterie nazionali

SLC-CGIL FISTel-CISL UILCOM-UIL

Sielte: Comunicato incontro 24- maggio -2011

Il giorno 24 Maggio, presso l’Unione Industriali di Roma, si è svolto un incontro tra le OO.SS. SLC – CGIL – FISTel – CISL – UILCOM – UIL, una delegazione RSU e la dirigenza di Sielte per definire l’armonizzazione contrattuale a seguito del passaggio dal CCNL Metalmeccanico a quello delle Telecomunicazioni.

L’azienda ha fatto un’ampia presentazione della storia di Sielte, mettendo in evidenza la crescita del fatturato e dei volumi delle attività nell’ultimo decennio, con una progressiva diversificazione del business, che si è lentamente trasformato dalla tradizionale monocommessa di Telecom sulla rete fissa in attività tecnologiche avanzate, che vanno dalle Telecomunicazioni fisse e mobili ai Trasporti e dai Sistemi Energetici al Mercato Estero.

In quest’ultimo decennio il fatturato di Sielte è passato dai 111,8 Mln di euro del 2002 ai 262,3 Mln del 2010, mentre la forza lavoro è passata dalle 4693 risorse a seguito delle fusioni e acquisizioni, alle attuali 1759 risorse che rappresentano l’organico aziendale. Nel corso di questi anni Sielte ha esodato 3576 lavoratori con un costo complessivo di 160.000 Mln di euro. L’azienda per gestire la crescente domanda di servizi avanzati ha avviato un processo di riqualificazione del personale puntando su due strumenti gestionali:


1) inserimenti mirati di alte figure professionali (neo ingegneri e periti), che insieme a tutti i lavoratori hanno consentito a Sielte di affermarsi sui mercati come un Player dell’Innovazione Tecnologica;

2) formazione attraverso le 85.000 ore erogate nell’ultimo decennio Sielte ha cambiato il mix professionale dei lavoratori riposizionando l’azienda su un più alto livello di competenze della filiera organizzativa.


L’azienda ha riferito che in merito al Piano Industriale 2011 aveva puntato sull’evoluzione della produzione fissando la redditività a 288 Mln di euro; purtroppo ha dovuto prendere atto nella revisione del Budget di Aprile 2011 di una contrazione di ricavi per circa 30 Mln di euro nel fotovoltaico e di 12 Mln nelle attività di Telecom e Fastweb e ha dovuto rivedere la proiezione del budget a fine 2011 stimandolo a circa 246 Mln di euro. (- 42 Mln euro)

Secondo l’Azienda questa contrazione dei ricavi comporta una riorganizzazione che prevede 450 esuberi (300 in ambito Delivery e 150 in Tecnology) e una riduzione dei costi complessivi che dovrebbero prevedere l’assorbimento del DIRCA/DIRCAS nell’armonizzazione contrattuale e la modifica dell’attuale regime delle trasferte secondo il seguente modello:


0 – 45 Km Tichet 6 euro + 2 euro (TV) pari a 8 euro;

46 – 150 Km 11, 30 euro + 8,30 euro (TV) pari a 19,60 euro;

> 150 Km Trattamento invariato.

Sospensione del P.d.R. per 2011 – 2012.


Le Segreteria Nazionali dopo aver ascoltato l’esposizione aziendale e dopo una valutazione con la delegazione RSU hanno rigettato tutto l’impianto riorganizzativo aziendale, ricordando alla dirigenza di Sielte che l’o.d.g. dell’incontro era l’armonizzazione contrattuale e non la modifica del perimetro occupazionale. Nel merito le OO.SS. invitano l’azienda a ritirare dal tavolo gli esuberi e ritengono che il passaggio contrattuale non può assolutamente penalizzare i lavoratori sotto l’aspetto retributivo messo in discussione dagli assorbimenti, dal mancato riconoscimento del P.d.R. e dalla modifica della trasfertistica, che negli anni ha assorbito varie indennità contrattuali. Hanno inviato inoltre un messaggio chiaro all’azienda dichiarando che non accettano decisioni unilaterali sia sul piano retributivo sia su quello occupazionale. Il sistema delle relazioni industriali nel settore delle Telecomunicazioni è fondato sul riconoscimento reciproco e sul senso di responsabilità comune, che punta allo sviluppo delle imprese e al mantenimento occupazionale. Ogni processo di riorganizzazione - soprattutto nelle fasi di particolari crisi aziendale - passa attraverso il confronto e la condivisione dei processi, che evitano il licenziamento dei lavoratori puntando sulla riconversione professionale. Invitando l’azienda a riflettere sul metodo e nel merito del confronto a seguito delle posizioni sindacali, l’incontro è stato aggiornato al 16 di Giugno. Intanto le OO.SS. aprono lo stato di agitazione dichiarando la sospensione di tutte le prestazioni aggiuntive in attesa del prossimo confronto. Ulteriori azioni sindacali saranno valutate a seguito dell’esito dell’incontro.

Le Segreterie Nazionali

SLC CGIL FISTel CISL UILCOM UIL

25 maggio 2011

Cassazione: Lavoro a turni e diritto del turnista alla programmazione del tempo libero

E' noto che la legge prevede un limite alla variazione unilaterale della collocazione del tempo di lavoro per il dipendente assunto con contratto part time, giustificato in ragione della necessità per il lavoratore di poter programmare il proprio tempo al fine di poter integrare la retribuzione in maniera tale da renderla adeguata ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione.

Tale limite si è per lungo tempo ritenuto insussistente con riferimento al rapporto di lavoro full time.

Con una recente pronuncia (Cass. n. 12962), tuttavia, la Corte di Cassazione ha elaborato un limite analogo a carico del datore di lavoro anche con riferimento ai lavoratori full time turnisti. In particolare, la Corte ha ritenuto che, in applicazione delle clausole generali di buona fede e correttezza nell'ambito del contratto di lavoro, sussista un impedimento alla libera modificabilità ovvero alla unilaterale determinazione dei turni da parte del datore di lavoro. In sostanza, a parere della Corte, in capo al datore di lavoro ricadrebbe l'onere di rendere conoscibili con congruo anticipo tali turni, al fine di consentire al dipendente la libera organizzazione del proprio tempo di non lavoro.

Il fondamento di tale limite è stato rinvenuto dalla Cassazione nell'esigenza ineludibile di tutelare la dignità del lavoratore, il quale deve essere posto nelle condizioni di poter gestire il proprio tempo libero al quale è stata riconosciuta una “specifica importanza stante il rilievo sociale che assume lo svolgimento, anche per il lavoratore a tempo pieno, di attività sportive, ricreative o culturali, sociali,politiche, scolastiche ecc., o anche di un secondo lavoro, nel caso in cui non sia prevista una clausola di esclusiva”.

Cassazione e lavoro a turni:

Il lavoro a turni è disciplinato dal D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dalla contrattazione collettiva cui la legge fa rinvio. Il decreto definisce come lavoro a turni “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane” e come lavoratore a turni “qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni”

CASSAZIONE DA RAGIONE AL PATRONATO INCA NELLA TUTELA MALATTIE PROFESSIONALI

"Tre sentenze della Corte di Cassazione, dando ragione all'Inca, estendono le tutele oltre i limiti delle prescrizioni previsti nel Testo Unico sull'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e infortuni" lo sottolinea in un articolo Lisa Bartoli, responsabile comunicazione dell'INCA CGIL che dichiara su "Esperienze" il periodico del patronato che entra nel concreto dell'attività di tutela del patronato della CGIL: "Dove non arrivano le leggi, interviene la giurisprudenza"


" Il rigore dei provvedimenti legislativi, in materia di prescrizione del diritto, spesso si scontra con problemi sociali ben più complessi nella realtà che, per essere risolti, hanno bisogno dell'intervento della magistratura. Tre importanti sentenze della Corte di Cassazione, superando alcuni limiti legislativi, offrono una lettura più estensiva delle tutele non solo per chi è affetto da malattie professionali, ma anche per gli eredi quando una patologia da lavoro si conclude con il decesso.


Storie diverse, ma con un unico filo conduttore che è l'inadeguatezza, a volte, dei termini della prescrizione del diritto alle prestazioni previdenziali e assistenziali del sistema assicurativo obbligatorio Inail.


Il primo caso preso in esame dalla Corte con la sentenza dell'8 aprile n. 8249, promosso sulla base di un ricorso istruito dall'avvocato Massimiliano Del Vecchio, consulente legale dell'Inca, riguarda gli eredi di un dipendente dello stabilimento siderurgico di Taranto deceduto nel dicembre 1991 per una neoplasia polmonare provocata da una prolungata esposizione lavorativa a sostanze cancerogene. I superstiti hanno avanzato la richiesta di rendita all'Inail soltanto nel 2003, ben oltre i tre anni e centocinquanta giorni dalla morte del familiare assicurato, fissati dalla legge come limite per poter rivendicare le prestazioni Inail. Il motivo di tanto ritardo è stato dovuto al fatto che soltanto dopo tanti anni i superstiti sono riusciti a dimostrare sotto il profilo sanitario il nesso di causalità tra la morte del familiare e la sua attività professionale.

La risposta dell'Ente assicuratore è stata solo parzialmente positiva perché, pur riconoscendo loro il diritto alla rendita, ha ritenuto di doverla far decorrere dal 2003, cioè dal momento in cui gli eredi ne hanno fatto richiesta e non dal giorno successivo il decesso, come indica espressamente l'articolo 105 del Testo Unico del 1965 sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. La differenza non era di poco conto poiché erano in ballo gli arretrati di 12 anni. Per questa ragione, i superstiti hanno deciso di adire le vie legali. In primo giudizio, la Corte di Appello di Lecce ha dato loro ragione, ma l'Inail non si è rassegnata ed è ricorsa in Cassazione sostenendo la necessità di una interpretazione non letterale della norma di legge.


Da qui il pronunciamento di aprile della Corte di Cassazione che, invece rigettando il ricorso dell'Inail, ha affermato la retroattività del diritto alla rendita dei superstiti fin dal momento del decesso del familiare, così come appunto prevede l'art. 105 del Testo Unico. E secondo la sentenza non ci sono eccezioni alla regola. Per la Corte, non riconoscere i ratei della prestazione economica antecedenti alla domanda significa di fatto estinguere il diritto per il periodo nel quale gli eredi non erano in grado di farlo valere.


Un pronunciamento importante che, nel rafforzare le ragioni per le quali l'Inca ha promosso questo ricorso e ha deciso di proseguire avanzando altre istanze, ribadisce ancora una volta quanto sia imprescindibile la consapevolezza dei diritti con la loro esigibilità. Da ciò ne consegue che anche il rispetto rigoroso dei termini di prescrizione o di ammissibilità delle richieste per ottenere delle prestazioni, non può non contenere un margine di elasticità che permetta la piena fruizione dei benefici di legge. In questo caso, i superstiti hanno ottenuto il riconoscimento del pagamento dei ratei di rendita anteriori alla presentazione della domanda che l'Istituto ha cercato di negare.


Lo stesso concetto è stato espresso dalla Cassazione a marzo di quest'anno in altre due sentenze riguardanti il riconoscimento di aggravamento di una malattia professionale anche dopo i 15 anni previsti per chieder la revisione della inabilità (ex art. 137 del Testo U nico), nell'ipotesi in cui il peggioramento delle condizioni di salute del lavoratore sia riconducibile al protrarsi del medesimo rischio morbigeno. Argomento sul quale già un anno fa la Consulta si era pronunciata in merito (s.n.46/2010), accogliendo l'interpretazione.


In questi casi si trattava di due lavoratori affetti da ipacusia professionale, già titolari di rendita per la stessa patologia che, trascorsi 15 anni, hanno chiesto di essere sottoposti a visita a causa di un aggravamento della malattia. L'Inail in prima istanza e il Tribunale in sede di giudizio avevano respinto la richiesta richiamando il rispetto dei termini per la revisione della inabilità già riconosciuta, senza considerare il persistere dell'esposizione al medesimo rischio morbigeno derivante dal fatto di continuare a svolgere la stessa mansione. L'articolo richiamato è il 137 del Testo Unico che stabilisce in 15 anni il termine per chiedere la revisione della inabilità dovuta ad aggravamento.


Le istanze sono state accolte dalla Cassazione l'8 e il 9 marzo di quest'anno, con le sentenze n. 5548 e 5550 , nelle quali la Corte ha ribadito, richiamandosi al precedente pronunciamento della Consulta che, nei casi in cui si protrae l'esposizione al medesimo rischio professionale oltre tale termine, per il lavoratore si apre la possibilità di considerare l'aggravamento delle condizioni di salute come una vera e propria nuova patologia, anche se riconducibile alla prima. In questo caso, la originaria malattia professionale è stata considerata una concausa. La decisione dell Cassazione ha permesso ai lavoratori di fare un'altra denuncia all'Inail e di vedersi riaprire la decorrenza di nuovi termini per la revisione della inabilità. Quindi, ancora una volta è stata la Magistratura a dover sottolineare l'importanza primaria della tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, anche se questo significa derogare dal rigoroso rispetto dei termini della prescrizione fissati dalla normativa vigente, facendone emergere i limiti.


Nel frattempo, l'atteggiamento dell'Inail di fronte a questa tipologia di casi non è ancora cambiato. Diverse sono, infatti, le domande patrocinate dall'Inca, per conto di altre persone malate, che giacciono nei cassetti dell'Istituto accantonate da diversi mesi. Peraltro, a distanza di più di un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale, l'Inail non ha emesso alcuna circolare in merito che faccia tesoro dell'orientamento giurisprudenziale. “L'auspicio – spiega Franca Gasparri, della presidenza dell'Inca – è che queste ultime sentenze possano indurre l'Istituto assicuratore a rivedere le proprie decisioni e ad accelerare il riconoscimento delle prestazioni, nel rispetto di quei principi che la giurisprudenza ha ampiamente confermato”. (25/05/2011-ITL/ITNET)

Il ricatto della Snai fa la Festa ai dipendenti I «dissidenti» si difendono, il caso finisce sul tavolo della procura di Roma

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I dirigenti della Festa Srl, società del gruppo Snai, non si fermano davanti a nulla. Si sentono dei piccoli Marchionne e sulla scia del modello imposto dalla Fiat a Pomigliano ne stanno combinando di tutti i colori sulla pelle dei dipendenti dei due call center romani di Tor Pagnotta e della Bufalotta. Non si fanno scrupolo di niente. Sono stati perfino capaci di mettere in mezzo a questa storia gli affetti familiari delle lavoratrici in maternità per costringerle a rinunciare al Contratto collettivo nazionale (fanno riferimento a quello del Commercio) e ad accettare un «accordo sindacale», siglato tra l'azienda e un esponente esterno della Fistel Cisl, del quale hanno saputo dell'esistenza soltanto a cose a fatte. «O firmate la rinuncia del Contratto nazionale e accettate il nuovo accordo, o sarete trasferite nella sede di Lucca, lontane 350 chilometri da casa. Valutate voi quale sia l'interesse dei vostri figli e se vi conviene firmare o meno», così in sintesi il ricatto aziendale, poi messo in pratica nei confronti di una decina di dipendenti, tutti della Cgil, che non hanno piegato la testa. Una tecnica brutale, basata sull'intimidazione, che ha costretto una giovane dipendente, appena rientrata al lavoro dalla maternità, a firmare una lettera di dimissioni sotto dettatura dei dirigenti aziendali. Roba da codice penale. E infatti, questa «barbarie» - come la definisce l'avvocato Pierluigi Panici, legale storico della Cgil, che difende i dipendenti della Festa sbattuti per ritorsione nella sede toscana - è ora finita sul tavolo della procura della repubblica di Roma, dove venerdì scorso è stata presentata una denuncia per estorsione nei confronti dei dirigenti aziendali Armando Antonelli e Luca Maria Petrini, rispettivamente direttore e responsabile del personale dei due call center. Per la stessa ipotesi di reato è stato querelato il sindacalista della Fistel Cisl, Salvatore Capone, firmatario del nuovo «accordo sindacale».

«Questo signor Capone, che viene fatto passare come delegato della Cisl, noi in azienda non l'abbiamo mai visto - accusa Ilaria De Angelis, una delle lavoratrici trasferite in punizione a Lucca nonostante fosse in congedo per allattamento del figlio - Non conosciamo neanche come è fatto fisicamente. Perché dovrei sottoscrivere un accordo che fa schifo sotto ogni profilo, che azzera i miei diritti acquisiti in dieci anni di lavoro, e che per di più è stato firmato da un sindacato che non esiste, che non ha neanche un iscritto nel nostro posto di lavoro?».

I «dissidenti», così li chiama ora l'azienda, sono infuriati. E ieri hanno partecipato, chiedendo udienza ai gruppi parlamentari, a una manifestazione di precari davanti a Montecitorio. Altre ne seguiranno. «In questa storia ci stupisce il silenzio della Snai (concessionaria dello Stato per i giochi e le scommesse legali, ndr), che è proprietaria al cento per cento della Festa Srl - aggiunge Igor Viglione, neodelegato Cgil nel call center di Tor Pagnotta - Dell'accordo che i nostri datori di lavoro stavano facendo con la Fistel Cisl non sapevano nulla. Contrariamente a quanto sostiene l'azienda, non c'è stata nessuna consultazione, nessuna spiegazione dell'accordo da parte del sindacalista che stava trattando con i dirigenti. Hanno fatto tutto di nascosto, siamo stati informati a cose fatte e soltanto per ratificarlo».

E forse non potevano fare altrimenti, i dirigenti della Festa, visto che nei due call center romani (diversamente da quello di Lucca dove invece i sindacati esistono da tempo e le relazioni con l'azienda sono ritenute buone) non hanno mai consentito la presenza delle organizzazioni dei lavoratori. Questo fino a marzo, quando si è saputo che l'azienda lavorava fitto con un esponente esterno della Cisl spuntato dal nulla, alcuni dipendenti, tutti giovani, si sono guardati intorno e hanno deciso di costituire le Rsa della Filcams Cgil in entrambi call center. «Abbiamo deciso di tutelarci e avere voce in capitolo - prosegue Viglione - Come Cgil abbiamo chiesto un confronto formale con l'azienda offrendo la nostra disponibilità a discutere del nuovo contratto. Ma la risposta è stata sempre negativa. Anzi, nei colloqui individuali avviati nel frattempo dalla Festa, l'azienda ha ripetuto a tutti lo stesso concetto, e cioè che 'non c'era niente da discutere, che l'unica proposta in campo era la rinuncia al Contratto collettivo nazionale e l'adesione al nuovo accordo. La chiusura è stata totale. In ogni caso per noi questo accordo è nullo, anche perché la maggioranza dei dipendenti non lo ha firmato».

«Abbiamo cento motivi per difendere le nostre ragioni e lo faremo in tutte le sedi in cui ci sarà consentito affinché questo accordo non venga applicato - riprende agguerrita Ilaria De Angelis, che proprio ieri è stata reintegrata nel call center di Roma con una sentenza urgente del giudice del lavoro - È un accordo penalizzante sotto ogni punto di vista. La nostra posizione viene retrocessa quasi allo stesso livello dei collaboratori a progetto. Se passa questo accordo non avremo mai uno stipendio dignitoso». L'accordo contestato prevede meno diritti, più flessibilità e retribuzioni più basse.

I dipendenti a cui è rivolto sono una ventina, quelli assunti a tempo indeterminato e che fanno parte dello staff dell'azienda. Sono una piccola parte rispetto ai circa 150 collaboratori a progetto (cocopro) di cui si avvale Festa per vendere prodotti e servizi per conto di altre aziende (i maggiori committenti sono attualmente Seat Pagine gialle, la multinazionale assicurativa Aegon). A loro, ai precari, l'azienda ha promesso la stabilizzazione ma anche questa con ricatto: solo se accettano anche loro il nuovo accordo e «rinunciano al pregresso», non devono cioè rivendicare nulla del lavoro svolto in passato.

Ma torniamo alla protesta dei dipendenti in pianta organica. Per la ratifica del nuovo modello contrattuale, l'azienda aveva escogitato una procedura singolarissima: li aveva invitati, attraverso una convocazione via email, a recarsi 19 aprile all'Ufficio vertenze della Fistel Cisl di via Palestro 30 - trasformato per l'occasione in una sorta di camera mortuaria del Contratto nazionale - dove avrebbero dovuto appunto firmare un cosiddetto «verbale di conciliazione» nel quale si affermava che il suddetto «accordo sindacale è stato spiegato con dovizia di particolari ai dipendenti dal rappresentante Cisl, Capone», e che «lo stesso atto diviene unica fonte regolatrice del rapporto di lavoro con la Festa srl con rinuncia a ogni pretesa connessa con il Contratto collettivo nazionale di lavoro del Commercio». Nella stessa missiva i dipendenti venivano inoltre informati «che per rendere più agevole» il loro ingresso nella sede della Cisl, l'azienda metteva a loro «disposizione dei taxi gratuiti». Una mezza presa in giro che non ha fatto altro che farli incavolare ancora di più. Su quei taxi ci sono comunque saliti soltanto sette dipendenti, tra cui la moglie di un dirigente e altre due persone di famiglia.

I tredici ribelli Cgil, ottenuto il sostegno non scontato del loro sindacato di categoria, la Filcams di Roma, hanno fatto invece un altro percorso: hanno avviato una serie di azioni legali volte a difendere i loro diritti. Quindi una denuncia per comportamento antisindacale (articolo 28), un ricorso d'urgenza per violazione delle norme sul diritto alla maternità e alla ritorsione (articolo 700) - accolto ieri dal giudice nei confronti di Ilaria de Angelis - e infine la querela penale per estorsione, violenza privata e minacce contro i vertici aziendali e il sindacalista della Fistel Cisl. Denunce a raffica che però non hanno indotto i dirigenti Festa - difesi nelle cause dallo studio di Tiziano Treu, ex ministro del lavoro del primo governo Prodi e attuale vicepresidente Pd della commissione lavoro del senato - a più miti consigli. Sono infatti andati avanti con i loro metodi come se nulla fosse. Lo testimonia la denuncia di un'altra dipendente, ultima vittima in ordine di tempo. Si chiama Tiziana Ascenzi, 32 anni, e venerdì scorso avrebbe dovuto riprendere servizio nel call center della Bufalotta dopo un periodo di congedo per maternità. Non le è stato consentito ed è tornata a casa piangendo. I dirigenti di Festa l'hanno infatti convocata nel loro ufficio e le hanno ripetuto ciò che hanno detto a tutti gli altri. «Volevano che firmassi la rinuncia del Contratto nazionale - racconta - Ho risposto che non l'avrei fatto, che non volevo rinunciare ai miei diritti. Loro hanno insistito minacciando che se non l'avessi fatto sarei stata trasferita immediatamente e per sempre a Lucca. Ho risposto che non potevo lavorare lontano da Roma perché ho due bambini, uno di quattro anni e uno di nove mesi. Non hanno avuto pietà: mi hanno fatto prima uscire dalla stanza e dopo un po' mi hanno richiamata per dirmi che avevo un'altra alternativa: dimettermi. Ho avuto paura, ero nel panico. Pensavo ai miei figli. Ero nella confusione più totale. Mi hanno fatto scrivere la lettera di dimissioni sotto dettatura e me l'hanno fatta firmare. Ma per me quelle dimissioni non sono valide. Le ho firmate perché ero sotto pressione, sono stata costretta a farlo». Le sue dimissioni saranno impugnate «perché illegali ed estorte con il ricatto», annuncia l'avvocato Pierluigi Panici.


Festa Srl: Comunicato SLC

COMUNICATO: Leggiamo con stupore il comunicato nazionale della Segreteria Fistel che in relazione alla vicenda dell’accordo aziendale siglato presso la società Feste, ci attacca. Stupore perché il menzionato articolo del manifesto di ieri (ma potremmo citare anche Repubblica) e che alleghiamo per completezza di informazioni, non cita mai SLC-CGIL, ma soprattutto perché invece di attaccare questo o quel giornale, la Fistel-Cisl dovrebbe interrogarsi se ciò che è scritto sia vero o meno, visti i numerosi riferimenti e i dettagli impressionanti che non possono essere tutto frutto di fantasia (minacce, trasferimenti a Lucca, estorsione di dimissioni,...