
Editore: Slc Cgil Catania - Direzione: Salvo Moschetto
Dal prossimo novembre l’IpTv di Fastweb chiuderà i battenti. Lo rende noto il Sole 24 ore, aggiungendo che gli abbonati al servizio di televisione via fibra hanno ricevuto in questi giorni una lettera che li informa della prossima chiusura. Si tratta di 150mila abbonati in totale che dal prossimo autunno non potranno più accedere all’offerta di content on demand dell’operatore.
Un business, quello dell’IpTv di Fastweb, sul quale pesava già la concorrenza interna rappresentata dall’offerta congiunta Fastweb-Sky lanciata all’inizio del 2011.
Un passo indietro da un mercato nel quale Fastweb sperava di raggiungere un bacino di 500mila abbonati. In futuro potrebbero scendere in campo altri player specializzati in video on demand via web, fra cui Netflix e Hulu.
Chi ha una pescheria guadagna più di chi ha un negozio di abbigliamento o di scarpe. Tredicimila e 300 euro contro ottomila e 600. Un meccanico molto più di un gioielliere. Un tassista più di un pellicciaio. Basta mettere a confronto i redditi degli autonomi dichiarati nel 2011 sul 2010 appena pubblicati dal Dipartimento delle Finance del ministero dell’Economia. Per quanto alcune cifre siano piuttosto inverosimili (un istituto di bellezza dichiara 6500 euro l’anno. Poco più di 500 euro al mese) c’è qualche variazione rispetto all’anno precedente. Sono soprattutto i proprietari di negozi di abbigliamento e scarpe, pellicciai, bar, alberghi e ristoranti ad aver dichiarato, rispetto all’anno precedente, qualche centinaio di euro in più. Chi ha un negozio di abbigliamento per esempio ha dichiarato 8600 euro contro i 7700 dell’anno precedente, i pellicciai 12.200 contro i 8.800. Anche nei “piani alti” della classifica, tra gli autonomi che nel nostro Paese guadagnano di più, a ben vedere non c’è tutta questa ricchezza dichiarata. Gli avvocati, ad esempio, dichiarano in media 57.600 euro. Lordi. Il guadagno netto invece si aggira intorno ai 2.500-3.000 euro al mese. Non di più.
Ecco la lista diffusa dal Dipartimento delle Finanze:
Il Senato ha approvatola fiducia sul maxiemendamento che modifica l’articolo 18: sarà un po’ più facile licenziare, è più limitato il ricorso al reintegro in favore del risarcimento, ma il potere discrezionale dei giudici resta anche se circoscritto dalle “tipizzazioni” che ne vincolano il giudizio. Classico bicchiere mezzo pieno per chi auspicava meno rigidità per i licenziamenti, mezzo vuoto per chi vede intaccato quello che considera un caposaldo dei diritti dei lavoratori. In aula sono stati votati due dei 4 maxiemendamenti sulla riforma del lavoro. Il primo, quello che riguarda l’articolo 18 è stato approvato con 247 sì e 33 no e un astenuto, tra le proteste di esponenti di Prc e Pdci presenti sulle tribune.
Licenziare sarà più facile, quindi. Il maxiemendamento rappresenta la sintesi delle proposte in ordine alla manutenzione dell’articolo 18, che recepisce le modifiche del 5 aprile varate dal Senato rispetto al primo disegno di legge del 23 marzo come uscito dal Consiglio dei Ministri. In sintesi. Il licenziamento discriminatorio resta nullo: non si può licenziare per motivi di razza, credo religioso, orientamento sessuale ecc…Per il licenziamento per motivi economici, quando il giudice decide l’annullamento, il reintegro vale solo nel caso i motivi addotti dall’azienda sono “manifestamente insussistenti”. Per esempio il lavoratore è licenziato perché il suo ufficio è stato chiuso: se il giudice accerta che l’ufficio non è stato chiuso il lavoratore ottiene il reintegro nel posto di lavoro. Diversamente gli spetterà un’indennità risarcitoria onnicomprensiva che andrà da un minimo di 12 a un massimo di 24 mensilità. La procedura di conciliazione – obbligatoria per i licenziamenti economici – non potrà più essere bloccata da una malattia “fittizia” del lavoratore. Uniche eccezioni saranno maternità o infortuni sul lavoro.
Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge. E’ una modifica importante, è stata tolta la locuzione “casi previsti dalla legge” dal “secchio” cui un giudice poteva attingere per ordinare il reintegro. Se per esempio una certa infrazione è regolata da un contratto o da un codice interno aziendale e prevede, per esempio, una multa o la decurtazione dello stipendio, il lavoratore non può essere licenziato, per cui il giudice ordina il reintegro. Il giudice, invece, non potrà più stabilire, ad esempio utilizzando il codice civile dove è prevista, una sproporzione tra l’infrazione e il licenziamento: ne consegue che non potrà comminare una sanzione conservativa (del posto di lavoro), ovvero la reintegra, ma solo indennità e risarcimenti.
Ddl lavoro: la CGIL al Parlamento, sbagliata la fiducia, il provvedimento è un pasticcio inestricabile (cgil.it/DettaglioDocum…)
— SLC CGIL Catania(@slc_catania) Mag 31, 2012
Finanziare con risorse pubbliche un singolo operatore oppure puntare su un progetto più ampio, di respiro nazionale, per la massima diffusione delle reti ultrabroadband? E' questo il tema che ha tenuto banco oggi e che ha scatenato posizioni divergenti, al limite dello scontro, fra i vari protagonisti in campo.
L'aumento di capitale (per 200 milioni di euro) in F2i Reti Tlc (la holding controllata da F2i, a cui fa capo il 61,4% di Metroweb) annunciato due giorni fa da parte del Fondo Strategico Italiano di Cdp, per portare avanti il progetto di sviluppo della rete a banda ultralarga in 30 città italiane, sta facendo parlare di sè.
E non è bastata la nota pomeridiana del Fondo F2i a distendere gli animi. “No alla duplicazione degli investimenti e massima collaborazione e complementarietà con altre iniziative, in primis quella di Telecom Italia”, ha ribadito il Fondo in "risposta" all'intervista rilasciata al Corriere della Sera dal presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè il quale ha espresso dubbi sul valore del progetto Metroweb indicando una strada differente, quella di “un grande accordo in nome del Paese” e ribadendo che “nelle 30 città dove investirà Metroweb, Telecom c’è già”.
Il clima è teso anche e soprattutto in vista della decisione di Intesa Sanpaolo. Il secondo azionista della “newco” sulla fibra, in quota con il 12,5% in Reti Tlc (l’87,5% è in campo a F2i), dovrà infatti dare il suo ok al progetto annunciato ieri. Ma l’approvazione non è affatto scontata. Intesa Sanpaolo nel suo ruolo di azionista di Telco, la holding che detiene il controllo di Telecom Italia ha una bella gatta da pelare: dare il proprio benestare al progetto di Metroweb potrebbe voler dire in qualche modo fare uno “sgarbo” a Telecom Italia.
Sul tema sono intervenuti anche i sindacati: "Ci piacerebbe sapere dal Governo e dal ministro Passera, innanzitutto, se trova normale il fatto che la Cassa Depositi e Prestiti, organismo di diritto pubblico, decida di finanziare Metroweb, società milanese ma con ambizioni nazionali, in competizione con Telecom Italia e con l’obiettivo di creare una seconda rete di tlc nel nostro paese", sottolinea il segretario generale della Slc-Cgil Emilio Miceli. Il sindacato si schiera a favore della realizzazione di un'unica infrastruttura-Paese per evitare sprechi di risorse e "gap" incolmabili: "In Italia c’è bisogno di una rete di telecomunicazioni, e non di due, aperta a garanzia del libero accesso e non di continuare con i soliti pasticci che ricordano più i vecchi carrozzoni del parastato che non la moderna esigenza di una politica delle risorse e dello sviluppo adeguata ai tempi". "Ci permettiamo di aggiungere che se un euro di investimento pubblico è necessario, questo dovrebbe servire per portare la rete nelle aree in cui, continuando così le cose, temo non la vedranno mai". E ancora: "In questo momento l’Italia ha il primato, almeno teorico, di lavorare per la realizzazione di ben due reti. Si tratta soltanto di sprechi ordinari in un Paese che sta stringendo la cinghia pesantemente? E’ una svista se di Metroweb è azionista un operatore straniero? Noi, che siamo convinti che i processi di liberalizzazione non siano il diavolo, ci domandiamo però perché mai lo stato debba intervenire direttamente nella dinamica di mercato, alterando la competizione". L'intervento della Cdp in F2i reti Tlc attraverso il Fondo strategico italiano e le dichiarazioni del presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè che richiama l'attenzione sulla "necessità di un grande accordo", hanno suscitato una serie di reazioni a livello politico.
E nel pomeriggio è montata la polemica politica, con schieramenti contrapposti sulla questione.
"Il Governo non ceda ad interessi privati e specifici, a qualsiasi interesse privato e specifico, e sappia rispondere ai moniti lanciati dall'incumbent, procedendo senza indugi sulla strada dell'apertura del mercato", sottolinea Alessio Butti (Pdl), componente della commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni che si dice "stupito dal contenuto e dal tono dell'intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera dal Presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè'. "Si è ribadita la consueta resistenza tipica del monopolista a qualsiasi apertura del mercato della rete fissa ed il rifiuto verso un progetto, quello di Metroweb e Cassa depositi e prestiti, aperto e moderno. Nessun attacco a Telecom, ma ritengo fondamentale rimuovere nel settore delle tlc fisse le rendite di posizione consolidate da decenni di benefici di sistema e, al contrario, sostenere i progetti in grado di garantire crescita e sviluppo al nostro Paese".
"Altro che arroganza monopolista! In un momento di crisi come l'attuale, in cui il Paese necessita di rilanciare la crescita e lo sviluppo, la contrapposizione in un settore strategico come quello delle telecomunicazioni non può che essere nociva", afferma Raffaele Ranucci (Pd) "Franco Bernabè evidenzia gli importanti investimenti che una società privata deve affrontare se vuole competere adeguatamente in un mercato libero e non drogato". Per poter centrare i rilevanti obiettivi dell'agenda digitale e rispettare le direttive delle autorità nazionali e della Commissione europea, è necessario preservare gli investimenti di Telecom, come quelli degli altri operatori. A mio avviso il governo deve tener conto della necessità di: sviluppare le tecnologie; abolire il digital divide e preservare gli investimenti dei privati".
Duro l'attacco a Franco Bernabè da parte del deputato Jonny Crosio (Lega Nord): "L'arroganza di Bernabè ha superato ogni limite", dice il deputato della Lega, componente della Commissione Telecomunicazioni e Trasporti della Camera. "Al Presidente di Telecom Italia sfugge che la sua azienda è tuttora monopolista nel settore delle telecomunicazioni fisse, con una quota di mercato del 70%. Uno spiraglio di concorrenza come quello offerto da Metroweb e Cdp non va osteggiato, ma incoraggiato. La reazione di Bernabè mostra l'arroccamento di chi che vede minacciata la propria rendita di posizione, dopo anni di immobilismo, riduzione degli investimenti e aiuti di stato di ogni tipo goduti e da godere". "Bernabè parla di nuovo piano per la rete in fibra, con una modalità, quella del vectoring, considerata all'estero come limitata e con impatti negativi su competizio ne e qualità del servizio. Questo stato di cose deve finire - conclude Crosio - e incalzeremo il ministro o il sottosegretario competente, sempre che ci sia un componete del Governo che si occupa di telecomunicazioni, affinché non ceda nuovamente alle sirene monopolistiche e respinga al mittente il monito del monopolista Bernabè".
"L'attacco leghista al presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, è rozzo, infondato e pretestuoso", dichiara Raffaele Lauro (Pdl), che evidenzia come "i piani di sviluppo delle reti di nuova generazione, portati avanti da soggetti privati, non devono essere ostacolati con finanziamenti pubblici, che rischiano di distorcere la concorrenza e di non essere coerenti con le linee guida sugli aiuti di Stato". Questi finanziamenti pubblici, inoltre, "anziché essere destinati all'istallazione della fibra nelle principali aree metropolitane, dovrebbero interessare prioritariamente le aree ancora caratterizzate dal digital divide e, cioè dalla mancanza di collegamento broadband".
Con l'intervista rilasciata oggi dal presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, si conferma la resistenza del monopolista a qualsiasi ipotesi di apertura del mercato nelle reti fisse; monopolista che, immobile fino ad oggi, dopo aver rifiutato qualsiasi dialogo e goduto di benefici di sistema consistenti, visto il piano aperto e moderno di Metroweb e CdP rivolge addirittura un monito al governo affinché fermi sul nascere spiragli di concorrenza". E' quanto dichiarano il capogruppo dei deputati di Fli, Benedetto Della Vedova e il vicecoordinatore di Fli, Daniele Toto. "Proprio la ritrosia di Telecom nel volersi confrontare in pieno con il mercato, ricercando vantaggi regolamentari per conservare la propria posizione dominante, anziché investire e lasciar investire nell'innovazione della rete, ha finora confinato la diffusione della banda larga a sterili discussioni da convegno. Solo aprendo e creando un'offerta reale di mercato anche nelle telecomunicazioni si potrà essere in grado di portare modernità e servizi adeguati e competitivi", aggiungono. "Il governo non ceda ad interessi privati specifici, resista alle sirene monopolistic he di difesa delle rendite di posizione, proceda senza indugi sulla strada maestra dell'apertura del mercato e dell'infrastrutturazione in fibra del nostro Paese. Liberalizzare significa ragionare sempre non come portatori di un interesse specifico, anche quando tale interesse specifico sussiste, bensì ragionare sempre in termini di beneficio per i consumatori. Tutti devono sentirsi impegnati affinché l'Italia torni ad essere un posto dove sia possibile investire, fare economia e creare innovazione. Rompere il monopolio è la parola d'ordine", concludono gli esponenti di Fli.
La questione dell'intervento pubblico nella realizzazione delle reti di nuova generazione è stata anche al centro del dibattito organizzato a Bruxelles da Etno e Total Telecom. "I governi europei devono fare squadra con gli operatori di Tlc affinché si spingano gli investimenti nelle reti Ngn - sottolinea il presidente dell'Etno Luigi Gambardella -. I governi devono eplorare le varie possibilità e intervenire laddove i privati non possono, magari anche attraverso l'accesso ai fondi strutturali Ue".
di Mila Fiordalisi
Telecom: governo prenda posizione su reti tlcbit.ly/Lf8CcE
— Emilio Miceli (@emiliomiceli) Mag 30, 2012
La direzione della Slc Cgil Catania ringrazia per le belle parole che hanno espresso alcune aziende che ci hanno scritto per avere dei chiarimenti su come poter pubblicare gadget pubblicitari sul nostro blog.
Il sito non è nato a scopo di lucro ma deve considerarsi come punto di aggregazione e comunicazione per tutti i lettori del web. Non esiste nessuna sovvenzione alcuna e chi ci lavora è parte integrante della dirigenza sindacale della Slc catanese.
Questo per correttezza d'informazione e per dare merito alla nostra categoria ed a tutta la confederazione che tramite i suoi delegati ed in maniera totalmente gratuita mette a disposizione dei lavoratori la propria professionalità e quella parte di cuore e senso di appartenenza che serve a migliorare l'organizzazione stessa ed il lavoro verso i propri iscritti.
Un grazie ed un saluto a tutti Voi
Salvo Moschetto
Il Coordinamento Nazionale Unitario Slc Cgil, Fistel Cisl, Snater riunitosi ieri ha confermato quanto programmato dalle segreterie nazionali.
La volontà è di rinnovare un contratto che abbia un largo consenso, che non divida il lavoro e i lavoratori per aree, che unifichi tutte le maestranze che con il loro impegno devono tirare fuori la Rai da quella palude in cui i vertici aziendali l'hanno costretta.
Preso atto dell’indisponibilità aziendale a riaprire la trattativa si procederà con le iniziative di mobilitazione già preannunciate, importantissimo lo sciopero e la manifestazione sotto Viale Mazzini nel giorno delle scelte sul Consiglio di Amministrazione e del Direttore Generale.
Ulteriori iniziative di mobilitazione e contrasto, proposte dagli interventi nel corso del Coordinamento, sono al vaglio delle segreterie nazionali. Sempre più appare contraddittorio il comportamento dei vertici aziendali, mentre i dipendenti non riescono a vedersi riconosciuto il dovuto (salario, diritti, futuro) altri si spartiscono i resti di una Rai sempre più in crisi d’idee, tecnologie e pubblicità.
Aleggiano in azienda nomine di dirigenti e assunzioni di giornalisti, elargizioni ad personam, evidentemente ultima occasione per una classe dirigente che ha segnato un periodo nefasto per il servizio pubblico.
Il futuro preoccupa tutti, il Coordinamento l'ha espresso con chiarezza, ma non è accettabile per nessuno saccheggiare moralmente e fisicamente la Rai. In questo il Coordinamento riconosce l'importanza della mobilitazione di questi anni, unico elemento di vera discontinuità con un sistema di potere che ha raggiunto negli ultimi mesi grottesche proporzioni.
I lavoratori della Rai: amministrativi, tecnici, quadri, operai, tempi determinati, alle volte anche precari in partita iva, hanno saputo rispondere all'arroganza della politica, dei Direttori Generali che si sono succeduti negli ultimi anni, delle delibere del Consiglio di Amministrazione, di vertici che hanno fatto un uso personale dell'azienda, a molti altri che si sono spartiti tutto lo spartibile. Quest'azione che è iniziata nel 2010 e prosegue oggi con le ulteriori mobilitazioni ha saputo bloccare esternalizzazioni di aree amministrative e di produzione, ha saputo bloccare la chiusura delle riprese esterne, ha bloccato pesanti ridimensionamenti del perimetro aziendale e l'idea che si potesse far cassa vendendo gli asset strategici, ha lottato per evitare i licenziamenti, la chiusura degli uffici di corrispondenza, Rai Corporation, Rai Internazionale.
Purtroppo non tutto si è riuscito ad arginare, non tutto si è ottenuto, non si è riuscito a strutturare un ragionamento su investimenti e rilancio e rimane sul campo il ricatto del rinnovo contrattuale, utilizzato come leva per dividere i lavoratori col fine di far cedere quelle organizzazioni sindacali che sino a oggi hanno posto un argine al declino della Rai.
Nonostante questo, anche su quei settori che sembravano non recuperabili (è notizia di questi giorni su molti giornali), si sta tornando indietro: la Rai non chiuderà più Novantesimo Minuto, non chiuderà più gli uffici di corrispondenza di Nairobi e Mosca. Su tale risultato pesa la lotta dei lavoratori ed è curioso che sui giornali la notizia sia riportata con la seguente locuzione: "La Rai salva gli uffici di corrispondenza...." La domanda che dovrebbe porre un giornalista è: scusi signora Rai, ma la Rai salva… da chi? …da se stessa? Ci sembra che l’azienda si stia dissociando da se stessa.
È evidente che solo la conflittualità di Slc Cgil, Fistel Cisl, Snater è stata l’elemento di contrasto e argine alla smobilitazione di questi uffici e programmi, ma questo per fortuna i lavoratori lo sanno.
Per il Coordinamento un'attenzione forte va ai tanti precari, ai TD che ancora oggi hanno un trattamento discriminante, lo evidenzia la piattaforma aziendale che a loro prospetta solo la metà del recupero della vacanza contrattuale e ai lavoratori atipici che in molti casi svolgono identica mansione dei dipendenti ma senza diritti e con trattamenti economici irrisori.
Le modalità di reperimento del personale, la regolarità nell'utilizzo dei contratti e dei trattamenti economici che sono anche la tutela del lavoro dei TI, sono argomenti centrali per le OO.SS. e lo saranno ancor di più nei prossimi mesi.
Stessa attenzione va data agli appalti, inizia a esserci una diffusa consapevolezza che questo è un tema fondamentale per la sopravvivenza della Rai, in questo senso iniziano a emergere denunce dei lavoratori e focalizzazione sulle ditte appaltatrici, in questo le OO.SS. e le Rsu/Rls debbono essere strumento utile di controllo e di denuncia se necessario anche alle autorità preposte.
Per il Coordinamento è evidente la necessità di concludere il più rapidamente possibile il rinnovo contrattuale, la condizione salariale in Italia è sempre più pesante, i 29 mesi pesano sulla condizione di molte famiglie e persone in maniera insostenibile, soprattutto lì dove i salari non hanno elementi di maggiorazione e di riconoscimento aggiuntivo, in particolar modo per chi ha poca anzianità e per i TD.
Si ravvisa la necessità, espressa con chiarezza dal Coordinamento, di rivedere la struttura contrattuale ma dentro un percorso che non svilisca le mansioni e le professioni ma che anzi le riqualifichi, che non faccia saltare elementi d’indennizzo di un disagio senza che questo sia compensato da un miglioramento della condizione di lavoro e una diversa modulazione del salario.
Rimane uno degli elementi fondamentali il contrasto alla vendita degli impianti trasmittenti di Rai Way, in tal senso nei prossimi giorni si valuteranno ulteriori specifiche iniziative. È necessario, com’è richiesto nell'ipotesi contrattuale Slc Cgil, Fistel Cisl e Snater, avere un pronunciamento definitivo da parte del ministero competente che valorizzi l’asset e superi le sabbie mobili della Rai.
È patrimonio comune che il rinnovo delle Rsu è elemento fondamentale di partecipazione e di democrazia. Il Coordinamento ha assunto quanto definito dalle segreterie nazionali: avviare il rinnovo in tutti i luoghi dove la rappresentanza sindacale unitaria è naturalmente scaduta. Il rinnovamento, l'inserimento di nuovi lavoratori, con esperienze diverse e nuove, è l'energia necessaria per spingere l'azienda a un cambiamento di modalità relazionali e di sistema.
Nei prossimi giorni le Segreterie Nazionali daranno ulteriore comunicazione per indicare mobilitazioni e iniziative di lotta.
Roma, 30 maggio 2012
SEGRETERIE NAZIONALI
SLC - CGIL FISTel - CISL SNATER
Ci piacerebbe sapere dal Governo e dal ministro Passera, innanzitutto, se trova normale il fatto che la Cassa Depositi e Prestiti, organismo di diritto pubblico, decida di finanziare Metroweb, società milanese ma con ambizioni nazionali, in competizione con Telecom Italia e con l’obiettivo di creare una seconda rete di tlc nel nostro paese. In questo momento l’Italia ha il primato, almeno teorico, di lavorare per la realizzazione di ben due reti. Si tratta soltanto di sprechi ordinari in un Paese che sta stringendo la cinghia pesantemente? E’ una svista se di Metroweb è azionista un operatore straniero?
Noi, che siamo convinti che i processi di liberalizzazione non siano il diavolo, ci domandiamo però perché mai lo stato debba intervenire direttamente nella dinamica di mercato, alterando la competizione.
In Italia c’è bisogno di una rete di telecomunicazioni, e non di due, aperta a garanzia del libero accesso e non di continuare con i soliti pasticci che ricordano più i vecchi carrozzoni del parastato che non la moderna esigenza di una politica delle risorse e dello sviluppo adeguata ai tempi.
Ci permettiamo di aggiungere che se un euro di investimento pubblico è necessario, questo dovrebbe servire per portare la rete nelle aree in cui, continuando così le cose, temo non la vedranno mai.
Telecom Italia e la Cassa depositi e prestiti (Cdp) rischiano di entrare in rotta di collisione. Teatro del contrasto, le reti di nuova generazione in fibra ottica che assicurano la banda larga e ultralarga, basilari ai tempi del cloud computing. I segnali premonitori si leggono nella discesa delle quotazioni di Telecom, che hanno perso il 18% in un mese. Gli hedge fund stanno vendendo a piene mani. Sono convinti che la società Metroweb, controllata dal fondo infrastrutturale F2i e sostenuta dalla Cassa depositi e prestiti e da Intesa Sanpaolo, voglia davvero cablare le principali 30 città italiane. L’incontro dell’amministratore delegato, Alberto Trondoli, con la comunità finanziaria londinese, avvenuto il 24 maggio, ha seminato il dubbio che Metroweb possa togliere fatturato, e quindi margini, a Telecom Italia. E il dubbio potrebbe diventare qualcosa di più già lunedì 28 maggio se davvero il consiglio del Fondo strategico della Cdp, guidato a Maurizio Tamagnini, banchiere d’affari ex Merrill Lynch, deciderà di investire nel capitale della società-veicolo che controlla Metroweb. Si parla di 200 milioni di euro subito e altri 300 in seguito. Il piano diMetroweb era stato sommariamente illustrato alla Camera dei deputati il 14 maggio dal gerente di F2i, Vito Gamberale, e in qualche misura preannunciato il giorno prima dall’audizione del presidente della Cdp, Franco Bassanini: 4,5miliardi di investimenti per portare 100 megabit fin dentro le abitazioni da qui al 2020. Metroweb si finanzierà per il 60% a debito e per il 40% con capitale di rischio, in parte fornito dai soci e in parte costituito dalle azioni emesse in cambio delle reti cittadine che verrebbero apportate dagli enti locali. La Cdp scommette su Gamberale per sbloccare la stasi degli investimenti, seguita all’exploit iniziale a Milano, fatto da Metroweb. Le compagnie telefoniche clienti assicurano a Metroweb unmargine di 47 milioni. Che giustifica il prezzo di 430 milioni pagato l’anno scorso al fondo inglese Stirling Square che aveva rilevato la società da A2A. Nello stesso lunedì 28, il consiglio di Telecom, convocato a Torino dal presidente Franco Bernabè, esaminerà i dettagli del piano aziendale per la reti di nuova generazione. Al 2020 Telecom conta di investire 2 miliardi, un quarto dei quali nei prossimi due anni per portare i 100 megabit al 70% della clientela delle prime 100 città italiane e poi a 215 città a fine decennio. Questo piano, che è parte di una campagna di 9miliardi sulla rete per i prossimi tre anni, porterà la fibra agli armadietti ai piedi degli edifici. Il collegamento con le abitazioni sarà assicurato con il vectoring. Una tecnologia, questa, che Metroweb ha contestato in Parlamento perché debole quando sale l’affollamento degli utenti e soprattutto perché discriminerebbe la concorrenza nell’accesso alla rete. D’altra parte, Telecom Italia ritiene uno spreco l’accesso in fibra alle abitazioni. Metroweb avrebbe un esborso di 800 euro a cliente con un ritorno dell’investimento in 26 anni, mentre il modello Telecom richiederebbe 170 euro per cliente e dunque darebbe un ritorno in soli 8 anni. Lunedì sarà dunque una giornata particolare. In un paese fermo da 10 anni sulla banda larga (Milano è all’avanguardia, il resto della penisola no) e con un governo in bolletta, che promette da anni e non versa mai i contributi necessari a superare il digital divide, ora ci sarebbero non uno ma due soggetti pronti a investire in un’infrastruttura strategica per il Paese ma dagli incerti ritorni. Nelle telecomunicazioni, la concorrenza tra infrastrutture è superata da anni. Gli operatori possono competere avendo un accesso certo ed equo alla rete, vecchia o nuova che sia. Sarebbe logico un accordo. Dopo mesi di tira e molla, un’intesa in extremis sulle architetture tecnologiche e sul piano finanziario darebbe il senso di un Paese che ragiona e buca le strade una volta sola. Telecom può certo battere sul tempo Metroweb. Il suo schema è più agile. Ma potrebbe subire lo stop dell’Antitrust. Accadde proprio alla Tim di Gamberale di dover aspettare Omnitel, l’attuale Vodafone Italia. Ma l’unione delle risorse in una società della rete con Telecom in minoranza è dura: proprio la rete garantisce le obbligazioni Telecom. E i tempi non sembrano ancora maturi per un ingresso di Metroweb e soci direttamente in Telecom attraverso un aumento di capitale vincolato alla banda larga. Troppo feroci sono state le polemiche sotterranee, mentre Telecom, che capitalizza 13 miliardi e ha un gioiello che si chiama Tim Brasil, sta diventando la possibile preda di qualche operatore globale. Già nel 2007 si fece vedere Carlos Slim.
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In relazione alla comunicazione del 23.05 pubblicata sul taccuino n.98, vi comunichiamo che Confindustria e le Segreterie Generali di CGIL,CISL,UIL hanno deciso di assumere una iniziativa congiunta per aiutare le popolazioni, i lavoratori e il
sistema produttivo dei territori dell’Emilia-Romagna, in particolare le province di Ferrara, Modena e Bologna, e della provincia di Mantova, colpite dagli eventi sismici di questi giorni.
In analogia con gli interventi svolti in precedenti occasioni, le parti sociali hanno deciso di favorire, con la collaborazione delle loro articolazioni territoriali, la raccolta in azienda di contributi volontari da parte dei singoli lavoratori tramite la trattenuta dalla busta paga dell'equivalente di un'ora di lavoro, e di invitare le aziende a devolvere un contributo equivalente per la medesima finalità.
Con questo gesto Confindustria e CGIL, CISL, UIL intendono fornire interventi di sostegno alle popolazioni, ai lavoratori e ai sistemi produttivi così duramente colpiti, secondo modalità e forme che le parti individueranno con l'obiettivo di garantire la
certezza della destinazione e la loro più rapida utilizzazione ai fini della ricostruzione.
I contributi così raccolti dovranno essere versati sul conto corrente bancario appositamente attivato:
conto corrente bancario n. 12900
presso Carisbo Spa sede di Bologna (Gruppo Intesa Sanpaolo)
IBAN IT11N0638502401100000012900
Intestato a:
CONFINDUSTRIA, CGIL, CISL, UIL FONDO INTERVENTO A FAVORE DELLE POPOLAZIONI, DEI LAVORATORI E DEI SISTEMI PRODUTTIVI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA E DELLA PROVINCIA DI MANTOVA
Dopo il terremoto di domenica 20 maggio e quello di ieri (29 maggio), che ha devastato l’Emilia e in particolare la zona del modenese, CGIL, CISL e UIL annunciano, nel corso di una conferenza stampa, che la manifestazione proclamata inizialmente per il 2 giugno sui temi del lavoro, del fisco, della crescita e del welfare sarà rinviata a data da destinarsi.
Inoltre, annunciano i sindacati, nella giornata del 2 giugno i leader delle tre Confederazione si recheranno nei territori colpiti dal sisma e verrà devoluta un'ora di lavoro in segno di vicinanza alle popolazioni terremotate.
Una soluzione in due tempi per gli esodati "è un disprezzo nei confronti delle persone". Lo ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, bocciando l'ipotesi del ministro del Lavoro, Elsa Fornero. "Più vedo la situazione - ha aggiunto - più credo che bisogna riflettere se è giusto fare la riforma" del lavoro. "Il governo non è né cieco né sordo ai problemi del Paese", ha replicato la Fornero.
"O la soluzione è per il complesso degli esodati o è meglio che si sospenda subito la riforma degli ammortizzatori sociali perché le misure proposte non reggerebbero la situazione", ha ribadito la leader della Cgil, intervenuta a margine della presentazione del rapporto Inps. La Camusso ha evidenziato, riferendosi al ministro: "Parla senza sapere di cosa parla, perché non ci sono persone a lavoro, ma al massimo sono lavoratori in cassa integrazione, in attesa di passare in mobilità", quindi "certo non sono a lavoro". E ancora: "E' inutile che si continui a immaginare un contesto in cui ci sono altre soluzioni se non quella previdenziale".
"Dont' forget you are Agnelli". Dalle divise alla marinara allo stile sempre più americano Antonio Sciotto ci racconta l'ascesa e il declino di una delle famiglie più importanti nella storia d'Italia. Da sinonimo di stabilità e prestigio, incarnato nella perfezione dall'Avvocato, la Fiat è diventata simbolo di lotte, di polemiche e costanti scontri tra sindacati, azienda e lavoratori. Sciotto, giornalista del Il Manifesto ed esperto di Lavoro e questioni sindacali, ci racconta la storia di questo paese attraverso le vicissitudini della Fiat e della famiglia Agnelli. Dall'austero e severo esempio del Fondatore Giovanni Agnelli, passando per gli scandali e il glamour di Lapo e il potere silenzioso di John, arrivando fino alla spregiudicata amministrazione da "uomo solo al comando" di Sergio Marchionne, "Vestivano alla marinara" svela aneddoti e segreti di quella che, nell'immaginario collettivo, è diventata la "famiglia reale che mancava alla Repubblica".
Mercoledì 13 giugno alle ore 18.00 presso Camera del Lavoro, via Crociferi 40 - Catania, nel nostro salone ci sarà la presentazione del libro di Antonio Sciotto, giornalista de Il Manifesto. Un'occasione per incontrarci e discutere dei temi del lavoro, del declino industriale attraverso la lente di un pezzo importante della storia dell'Italia: la Fiat. Saranno presenti, oltre all'autore, Giacomo Rota della segreteria della Cgil, Adele Palazzo (Il Post Viola) e, in videoconferenza da Madrid, Michele Azzu e Marco Nurra, ideatori de L'Isola dei Cassintegrati). Vi aspettiamo...
NOTA DI REDAZIONE
Nella foto Giacomo Rota Segretario Confederale della Cgil Catania che parteciperà all'evento insieme all'autore Antonio Sciotto, Adele Palazzo (Il Post Viola) e, in videoconferenza da Madrid, Michele Azzu e Marco Nurra, ideatori de L'Isola dei Cassintegrati).