Giovanni Pistorio
Segretario Confederale Cgil Catania
Nel mese di agosto del 2011, da Catania, lanciammo l'allarme emittenza privata denunciando che il governo nazionale allora in carica, pur di favorire gli interessi delle aziende del proprio presidente del consiglio, stava mettendo a repentaglio la libertà di informazione attraverso un meccanismo piuttosto semplice, l'assegnazione attraverso un "beauty contest" (concorso di bellezza) delle frequenze rese disponibili per il passaggio al digitale terrestre.
Infatti, le frequenze, rese disponibili per il passaggio al digitale terrestre, anziché essere messe all'asta per trarne risorse economiche o essere assegnate a chi fosse stato in grado, tra i nuovi eventuali operatori, di alimentare attraverso la diffusione di contenuti nuovi, il pluralismo nell'informazione, stavano per essere assegnate/regalate, attraverso la pratica del beauty contest (delibera n. 497/10/CONS della Agcom), agli oligopolisti Mediaset e Rai.
E inoltre, sottolineammo che il comma 11 dell'art. 1 della citata legge 13 novembre 2010, n. 220 prevede l'introduzione attraverso un regolamento ministeriale di nuovi ulteriori obblighi per gli operatori di reti ai fini, tra l'altro, "della valorizzazione e promozione delle culture regionali o locali".
E' chiaro che una delle nostre proposte era di arrivare alla gara per poterne assegnare i proventi a quelle emittenti locali che, per sopravvivere, erano costrette ad adeguare le proprie tecnologie alle esigenze poste dal passaggio al digitale terrestre. Di tutto ciò per i veti di una parte della maggioranza di governo non se ne fece niente.
Quindi, allarmati anche per la crisi finanziaria che si stava abbattendo sul settore della emittenza televisiva locale inviammo una richiesta di convocazione alla IV commissione Ars, attraverso la quale denunciammo che le tv Locali erano a rischio chiusura.
Infatti, al forte calo delle entrate pubblicitarie registrato nel periodo 2008/2011 e agli impegnativi investimenti richiesti per il passaggio al digitale terrestre andavano aggiunte alcune scelte "istituzionali" che hanno gravemente penalizzato le emittenti locali.
In particolare si continuava a discutere di tagli all'editoria che consistevano nella riduzione tariffaria del 50% dei costi delle utenze telefoniche, nel rimborso del 40% dei costi delle utenze elettriche e dei collegamenti satellitari e nel rimborso del 60% del costo dei canoni di abbonamento delle agenzie di informazione.
L'incontro è stato richiesto anche perché, era ben chiaro a tutti, e lo abbiamo specificato, che i costi per l'adeguamento alla nuova tecnologia, a cui sono state obbligatoriamente sottoposte tutte le emittenti televisive che dallo switch-off sono passate dal sistema analogico al sistema digitale di trasmissione sono, per tante aziende, insostenibili.
Tali cambiamenti, per la loro portata e per gli effetti, per rendere meglio l'esempio, sono e saranno simili a quelli che sono stati determinati dal passaggio dalla macchina per scrivere al computer da tavolo. La vecchia tecnologia va dismessa e va acquistata, nel breve, una nuova tecnologia.
Le trasformazioni, e i costi da sostenere, rischiano di determinare la chiusura netta di tante emittenti televisive locali con la riduzione di posti di lavoro di giornalisti e tecnici ed è per tali ragioni che continuiamo a chiedere al governo regionale di non esibirsi in proclami e a non elargire inesigibili promesse ma di agire nell'interesse della propria collettività, della propria identità culturale e a sostegno del pluralismo nell'informazione.
E ancora una volta, sperando che qualcuno possa finalmente sentire le sane ragioni della propria gente, chiediamo di estendere il sistema degli ammortizzatori sociali anche al settore della emittenza privata.
E' inammissibile che i lavoratori del settore dell'emittenza che hanno operato, nelle difficoltà, per la difesa delle libertà e del diritto non siano coperti da adeguate tutele in una fase tanto delicata quale è quella finanziaria ed industriale che stiamo vivendo.
Così come si è disposto in tante altre regioni d'Italia (quasi tutte) anche per la Sicilia vanno individuate risorse da destinare alle emittenti televisive locali per sostenere il passaggio al nuovo sistema.
Il taglio di così tanti posti di lavoro finirebbe con il far perdere ai cittadini della Regione il mezzo attraverso il quale farsi riconoscere la propria identità di cittadini siciliani e stimolare la promozione del proprio patrimonio culturale e l'utilizzo dei prodotti e delle risorse e finirebbe, inoltre, con il nuocere al pluralismo nell'informazione.
Giovanni Pistorio
Segretario Confederale Cgil Catania