“Marissa Mayer è la nuova Ceo di Yahoo!”. Questa è la notizia riportata dai principali quotidiani di oggi che parla di una giovane donna, appena 37enne, al vertice di una delle aziende più quotate al mondo, chiamata a tirare fuori il portale, che un tempo era il più potente del web, da una lunga crisi. Ma la notizia veramente rilevante è che questa giovane donna è incinta e partorirà tra tre mesi.” Così dichiara Barbara Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil.
“Yahoo! sembra aver reagito con “normalità” alla notizia, sottolineando anzi il proprio primato: delle aziende tech quotate tra le 500 maggiori d'America - secondo Fortune - sarebbe la prima infatti ad avere a capo del consiglio d'amministrazione una donna in attesa di un figlio. La lettura di questa notizia, oggi, stride con quanto accade nella più grande azienda a rete d’Italia, Poste Italiane S.p.A., dove se sei incinta, perdi il bonus presenza da 140 euro – commenta la Apuzzo.
“Pertanto, mentre oltreoceano c’è chi coltiva le capacità e le potenzialità delle donne in dolce attesa, affidando loro le sorti di una delle aziende più grandi al mondo, Poste Italiane penalizza le future mamme decurtandone il salario. Aspettare un bambino non è una malattia!”
“Siamo felici di sapere che non siamo gli unici a pensarla così – conclude la sindacalista. Così come è evidente che il fatto di essere fra le aziende citate da Fortune non fa di Poste Italiane una “GRANDE AZIENDA”, neanche sotto il profilo delle pari opportunità. Ecco, questa è a nostro avviso la differenza tra una azienda che pensa in grande e chi non ha alcuna ambizione.”
Roma 18 Luglio 2012
Comportamento vergognoso di Poste Italiane verso le lavoratrici incinte

Niente premio di produzione alle lavoratrici incinte o ai lavoratori malati di cancro: è l’accusa rivolta dalla Cgil a Poste Italiane. Il sindacato lo ha denunciato in una lettera al ministro del Lavoro Elsa Fornero.
La Slc Cgil (il sindacato di categoria per le comunicazioni) accusa Poste Italiane di non voler riconoscere il premio di produzione di circa 140 euro alle donne che nell’ultimo anno erano in congedo di maternità obbligatoria. Il bonus, sostiene Cgil, non sarebbe stato assegnato neppure ai dipendenti assenti per malattie estremamente invalidanti, come i tumori.
Quattro sigle sindacali minori (Uil Poste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom) hanno firmato l’accordo aziendale, ma non la Cgil e la Cisl, molto seguita in Poste Italiane, maggiore azienda italiana per numero di lavoratori (145mila, di cui il 53% donne).
Nella lettera, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, la Cgil chiede al ministro di prendere provvedimenti contro Poste Italiane, a cui proprio il ministero del Lavoro nel 2007 conferì il bollino rosa perché considerate rispettose delle politiche di genere.
- LETTERA ALLA FORNERO -
Cara Ministra,
il 53% del personale di Poste Italiane è composto da donne e l’azienda ha ricevuto nel 2007 il “Bollino Rosa S.O.N.O. – Stesse Opportunità Nuove Opportunità”, promosso dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Ebbene, nella giornata di ieri, insieme a UilPoste, Failp-Cisal, ConfsalCom e UglCom (quattro organizzazioni sindacali che, insieme, rappresentano il 22% delle lavoratrici e dei lavoratori dell’azienda), Poste Italiane ha sottoscritto un accordo separato che toglie 140 euro di Bonus alle future mamme.
L’astensione obbligatoria per maternità viene equiparata infatti (insieme all’infortunio sul lavoro!) all’assenza per malattia e, a meno che la lavoratrice interessata non decida di violare la Legge e di presentarsi al lavoro anche quando è OBBLIGATA a stare a casa, perderà 140 euro di salario.
Noi ricordiamo che il Progetto “Bollino Rosa S.O.N.O. – Stesse Opportunità Nuove Opportunità” aveva la finalità di comprendere il complesso fenomeno dei differenziali retributivi che colpiscono le lavoratrici in ampi segmenti del mercato del lavoro e “certificava” le buone prassi in termini di strategie e pratiche aziendali tendenti alla valorizzazione della presenza e delle competenze femminili.
Questo evidentemente non avviene più dentro Poste Italiane.
Per questo motivo questa azienda non merita, a nostro avviso, altro che una dura contestazione da parte delle donne e delle Istituzioni.
Le chiediamo pertanto di revocare l’immeritato riconoscimento e di voler considerare la gravità dell’atto compiuto in termini di “cattivo esempio” per quelle aziende che, pur non essendo paragonabili per storia, dimensioni e risorse a Poste Italiane, contribuiscono ogni giorno ad una reale valorizzazione delle politiche di Pari Opportunità.
Certe che la nostra denuncia rientri nel solco della Sua attenzione nei confronti delle donne lavoratrici, La salutiamo con viva cordialità.
Barbara Apuzzo
Responsabile Coordinamento Nazionale Donne Slc Cgil
Caterina Gaggio
Responsabile Coordinamento Nazionale Donne Slp Cisl