29 giugno 2012

Teatro Stabile Catania continua la mobilitazione a favore della Cultura e per il ripristino delle risorse al teatro

Teatro Stabile Catania continua la mobilitazione a favore della Cultura e per il ripristino delle risorse al teatro SIT IN : Lunedì 2 luglio ore 10 negli spazi antistanti al Teatro Verga in Via Fava Giovedì 5 luglio ore 10 sotto gli uffici ARS Palazzo Minoriti in Via Etnea.

- COMUNICATO STAMPA -

Il 30 giugno è stata presentata dal Teatro Stabile di Catania la nuova stagione teatrale ed a distanza di quasi una settimana non possiamo non rendere pubbliche le nostre preoccupazioni per il futuro delle attività.

Infatti, a causa della drastica riduzione da parte della Regione del 34% delle risorse ed in assenza di fatti nuovi è siamo convinti che sia stata ipotecata pesantemente la possibilità operativa del Teatro che è finalizzata alla salvaguardia dell’identità sociale e culturale e alla promozione del patrimonio artistico.

Il colpo inferto a danno del Teatro Stabile e di chi ci lavora è stato tremendo, sono infatti a rischio occupazione Presso il Teatro, ossia nelle attività teatrali, sia lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (38) sia, soprattutto, i precari che operano senza particolari ed incisive tutele sociali (circa 57) e gli attori che da sempre vivono senza nessun altra tutela che il proprio lavoro (circa 100).

Nel corso dell’audizione presso la IV Commissione permanente all’ARS e dell’incontro del 5 giugno u.s. con il Presidente della Regione e dopo un franco chiarimento sono state esposte in maniera, sono stati presi degli impegni per il reintegro delle risorse, ma da quel momento di fatti nuovi non ne sono maturati

E’ più che mai importante, proprio adesso e prima che la situazione possa risultare compromessa, arrivare ad una conclusione dell’iter per il ripristino delle risorse ed è perciò che continua lo stato di agitazione e la mobilitazione dei lavoratori e degli attori del Teatro Stabile e di tutti coloro che hanno a cuore le sorti della cultura e del Teatro di Catania.

Giovanni Pistorio: «Necessario che i call center restino nel nostro territorio»


Premesso che siamo strenuamente difensori della libertà di informazione e del diritto di critica, riteniamo necessario fare il punto su alcune questioni relative ai call center.
Troppa pessima pubblicità è stata praticata in questi ultimi anni e in maniera indiscriminata nei riguardi di un settore di attività presso cui operano a vario titolo e nei diversi servizi non "gentili voci che rispondono al telefono" ma operatori di un servizio a cui vengono richieste, dalle committenti nazionali ed internazionali, prestazioni su servizi sempre di più alto livello; altra cosa è la televendita. Il settore dei call center fa generalemente riferimento a tutta una serie di attività non adeguatamente disciplinate per legge: gli appalti spesso vengono fissati al massimo ribasso, è relativamente semplice evadere i contributi, la catena del subappalto e degli affidamenti è vulnerabile ad ogni tipo di interferenza e di infiltrazione e spesso per sfuggire al controllo istituzionale tante aziende chiudono per poi riaprire con altro nome.
Comunque sia, soprattutto in provincia di Catania operano tante altre aziende che, pur essendo a loro volte soggette al dumping delle aziende che operano in maniera scorretta sul mercato, resistono alla tentazione di andare in altre parti del paese o all'estero perché trovano in provincia di Catania condizioni logistiche vantaggiose e personale scolarizzato all'altezza del compito. A queste aziende, spesso facenti parte di gruppi industriali più complessi, come «Lombardia Informatica», continuiamo a chiedere un maggiore radicamento sul territorio e una espansione anche in altri settori di attività: maggior presenza e più occupazione.
Così come nelle aziende che operano in maniera trasparente che in quelle che operano in maniera a nostro avviso irregolare la Cgil agisce per esigere tutele, diritti, una equa retribuzione per tutti gli occupati nonché segnalando alle autorità competenti le irregolarità.
Per quanto riguarda le attività di «Lombardia Informatica», presso cui operano dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e apprendisti da confermare e nel quale vengono rispettate le regole, si tratta di attività sotto assedio politico. Fino a pochi anni fa, che nel call center si potesse creare buon lavoro non ci credeva nessuno, ma da un paio di anni a questa parte, in tempo di crisi occupazionale, la Lega Nord non fa altro che chiederne il rientro delle attività in Lombardia con buona pace di chi ci lavora in Sicilia.
Il sindaco di Biancavilla a cui per i trascorsi di sindacalista in questo caso non ha fatto certo difetto la sensibilità verso i temi legati al buon lavoro ed alla occupazione, infatti, sfidando le critiche ha inteso lanciare così un grido d'allarme per l'occupazione in un territorio che è stato falcidiato dalla crisi economica ed occupazionale. Naturalmente può essere criticato ma in ogni caso la vicenda non va nè sottovalutata nè strumentalizzata.
La ricollocazione di attività e la delocalizzazione verso l'estero rischiano di far sparire dal territorio i call center, soprattutto quelli che operano rispettando le regole, presso cui operano migliaia di lavoratori nella nostra provincia. La Cgil in questi ultimi anni non ha steso solo "lenzuolate di dossier" sull'occupazione mal pagata ma anche sulle delocalizzazioni. Che «Lombardia Informatica» rimanga sul nostro territorio è necessario.
Giovanni Pistorio
Segretario Confederale Cgil Catania

27 giugno 2012

Mercato del lavoro: Comma 31 dell’articolo 4 del ddl Fornero

“Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro”. Questo comma prevede un’importante modifica dell’articolo 29 della Legge Biagi, ovviamente peggiorativo per noi. Cosa dice l’articolo 29 della vituperata Biagi, che veniva utilizzato in decine di cause da parte di precari e precarie? Semplicemente prevede la possibilità per il lavoratore di richiedere le eventuali retribuzioni e contributi non corrisposti non solo al datore di lavoro appaltatore ma anche, ecco l’elemento fondamentale, al committente.


Per capirci: prendiamo un lavoratore dipendente di una cooperativa di educatori che gestisce i servizi sociali di un Comune. Oppure una lavoratrice precaria che lavora in un call center per una società che a sua volta fornisce i suoi servizi tramite appalto a un’azienda più grande. Con il vecchio articolo 29, se questi lavoratori per esempio non avevano percepito lo stipendio, potevano richiederlo direttamente non solo alla cooperativa medesima (cioè al datore di lavoro), ma anche alla società o all’ente che aveva appaltato il servizio. Questo meccanismo, che si chiama responsabilità solidale tra committente e appaltatore, permetteva quindi al lavoratore di rivalersi nei confronti del soggetto più forte: il committente, aumentando la possibilità di riavere i propri soldi in un tempo relativamente breve.


Con la riforma Fornero questo meccanismo sembra in apparenza immutato, ma in realtà la sua efficacia è stata fortemente ridimensionata. Il lavoratore, infatti, potrà chiedere il pagamento delle retribuzioni e/o contributi non pagati al committente solo dopo aver proceduto esecutivamente nei confronti dell’appaltatore datore di lavoro, ovvero dopo aver pignorato il patrimonio della sua cooperativa o piccola impresa. Ciò significa che prima di poter agire nei confronti del soggetto economicamente più forte, il lavoratore dovrà attendere in media un anno. Questo è infatti il termine minimo per poter concludere l’iter di un’esecuzione nei confronti di un’azienda.


Questa modifica ovviamente limita le nostre possibilità di recuperare i soldi che ci sono dovuti. Ma non è tutto, dato che incide negativamente nei rapporti tra committenti e appaltatori. Prima della riforma la “responsabilità solidale” rappresentava un deterrente per il committente, che era spinto a controllare l’esatto pagamento delle retribuzioni da parte dell’appaltatore per evitare di trovarsi in futuro a dover tirar fuori i soldi. Infatti se un lavoratore o lavoratrice chiedeva il pagamento delle retribuzioni direttamente al committente, quest’ultimo appena ricevuta l’ingiunzione di pagamento alzava il telefono e chiamava l’appaltatore minacciandolo di risolvere il contratto di appalto nel caso non avesse pagato i lavoratori. Ed ecco che magicamente i soldi saltavano fuori.


Con l'approvazione dalla riforma Fornero, far saltar fuori i soldi diventerà molto più difficile e lungo, e molti lavoratori e lavoratrici dovranno aspettare mesi e anni per recuperare il maltolto, a tutto vantaggio degli imprenditori disonesti. Un piccolo comma studiato chirurgicamente per causare un grande danno.

Poste: Slc Cgil e Slp Cisl, 10.000 lavoratori senza stipendio


Barbara Apuzzo, Slc Cgil, e Mario Petitto, Slp Cisl, hanno scritto oggi a Poste Italiane diffidandola dal proseguire nel rifiuto di versare gli stipendi ai dipendenti non titolari di conto Banco Posta e chiedendo con forza di versare le retribuzioni di giugno a tutto il personale.
“Per mesi abbiamo sollecitato l’Azienda a disporre opportune forme di pagamento delle retribuzioni, in linea con le nuove disposizioni di Legge, ai dipendenti che non possiedono un conto corrente bancoposta – si legge nella lettera congiunta. Riteniamo che il rifiuto da parte aziendale di accreditare gli emolumenti dei dipendenti anche su conti correnti non Banco Posta sia illegittima e pertanto perseguibile da parte degli interessati e dalle scriventi.”
“E’ l’ennesima beffa ai lavoratori di Poste Italiane in uno dei peggiori momenti di crisi – commenta Barbara Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil. L’azienda ha già commesso un grave atto di discriminazione sottoscrivendo un accordo separato per effetto del quale viene negato il bonus presenza di 140 euro alle future mamme, ai malati gravi ed ai lavoratori infortunati. Oggi si rende responsabile di questo ulteriore atto gravissimo che colpisce almeno 10.000 lavoratori.”

Telecom Italia: Comunicato e presentazione piano industriale


Comunicato ai Lavoratori
Gruppo Telecom
Si è aperto ieri, 25 giugno, il primo confronto relativo al Piano d’Impresa, così come convenuto nell’incontro tenutosi con l’Amministratore Delegato in cui è stato annunciato l’obiettivo di risparmiare 600 milioni di euro nel prossimo biennio, per il settore IT.
L’azienda ha fornito una serie di dati, contenuti nella presentazione allegata, atti a dimostrare le necessità di sostenere un forte cambiamento attraverso una semplificazione dei processi in maniera da eliminare gli interventi dettati dalle inefficienze.
Tale processo, a giudizio aziendale, deve passare attraverso la riunificazione del settore IT, con l’esclusione di quello finalizzato al mercato esterno e oggi collocato in Top Client e TILab, verso una nuova società (oppure mantenendo SSC) in cui
dovrebbero confluire SSC e il ramo di Telecom Italia oggi presieduto da 1176 lavoratori.
Nel complesso l’operazione dovrà portare a una riduzione dei costi del settore, previsti a 809 milioni nell’anno 2012, pari a 82 milioni di euro nel biennio. In sede di replica, le OO.SS., pur condividendo i contenuti del cambiamento proposti per il settore IT, hanno evidenziato due forti criticità che rischieranno di compromettere i rapporti con l’azienda.
Il primo riguarda la discussione sul Piano. E’ evidente che è del tutto inaccettabile immaginare che vi siano decisioni operative che riguardino singole parti dell’azienda in assenza di un progetto complessivo sul futuro di Telecom. Le Segreterie Nazionali
hanno diffidato l’azienda dall’aprire procedure di cessione di rami in assenza di un progetto complessivo. In altre parole, se Telecom ritiene di avviare un progetto di societarizzazione delle 4 attività identificate come “core” dall’A.D. (rete, IT, Customer e
Staff) deve sapere che ci sarà la più netta contrarietà del sindacato. L’inizio del processo di societarizzazione si avvierebbe, tra le altre cose, mentre è in corso nel Paese una discussione sul futuro della rete, di cui si ignorano i punti di arrivo ma che se
dovesse prevedere la creazione di una società fuori dall’attuale perimetro di Telecom Italia porterebbe alla fine di Telecom come oggi è strutturata.
Il secondo tema riguarda la costituzione della società d’informatica. Gli obiettivi dichiarati dall’azienda, per il rilancio e la riforma del settore IT, sono realizzabili anche attraverso la realizzazione di una divisione interna a Telecom, in cui far confluire i
lavoratori di SSC. La divisione potrebbe avere autonomia contabile e responsabilità del tutto analoghe a quelle consentite da una società. E’ evidente che non potendo essere questa la motivazione alla base della decisione, ritorna il fondato sospetto che la
volontà aziendale sia quella di voler “societarizzare” Telecom per poter così frammentare i lavoratori. Anche in questo caso i vertici di Telecom devono sapere che si scontreranno con la totale contrarietà dei lavoratori.
La contrarietà delle OO.SS. sono quindi, l’assenza di garanzie sul perimetro aziendale e l’assenza di chiarezza del “progetto complessivo” del nuovo Piano Industriale 2012- 2014. Non è accettabile affrontare una discussione in assenza del quadro di regole
condiviso. Tanto più che l’operazione industriale che si vuole realizzare, che sembra essere la più importante di quelle realizzate negli ultimi anni, si avvierebbe in assenza di un confronto politico generale, sulle prospettive aziendali e di gruppo. Prospettive e strategie non affrontate nell’incontro tenutosi con l’Amministratore Delegato. Si consumerebbe, in questo modo, un altro strappo, procedere alla più importante riorganizzazione aziendale senza definirne i contenuti generali.
E’ evidente che un processo di cambiamento come quello sopra illustrato ha, come precondizione per la sua riuscita, la necessità di avere il pieno coinvolgimento, la consapevolezza e il totale riconoscimento dei dipendenti nel progetto aziendale.
Scorciatoie che tentano di evitare quest'obiettivo sono destinate solamente a produrre nuovi strappi con i lavoratori e, di conseguenza, una risposta inefficiente rispetto le sfide del futuro.
Per questi motivi le OO.SS. hanno chiesto a Telecom di astenersi dall’avviare procedure finalizzate a intraprendere processi di societarizzazione che, se avviati unilateralmente, non potranno che vedere l’avvio di tutte le iniziative necessarie a
contrastare un’operazione che ha come unico obiettivo quello di dividere i lavoratori.
Nello stesso tempo vanno avviate da subito le assemblee dei lavoratori per aprire una discussione sui rischi legati ai processi di societarizzazione, inquadrati in uno scenario che potrebbe vedere la rete fuori dal perimetro aziendale, con la creazione di una
Holding sotto la quale porre società di scopo quali l’IT, i customer e le aree di Staff, con una Telecom totalmente diversa da quella di oggi.
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL


Fastweb: Aggiornamento cessioni


- COMUNICATO -
In data odierna la dirigenza di Fastweb ha comunicato alle Segreterie Nazionali di SLCCGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e UGL Telecomunicazioni importanti aggiornamenti circa le modalità e le tempistiche dei passaggi di rami d’azienda a Huawei Technologies e Visiant Contact.
Per quanto riguarda i rami definiti “Field Network Creation & Operation” e “Network Integration” il passaggio effettivo dei lavoratori verso Huawei avverrà, contrariamente a quanto stabilito dall’accordo del 12 maggio scorso, a partire dal prossimo 1 settembre. Lo slittamento è da imputarsi a cause tecnico organizzative ed è finalizzato alla messa a punto completa di tutti gli aspetti logistico-organizzativi dell’operazione.
Per quanto riguarda la cessione del ramo d’azienda denominata “Customer Care & Customer Base Management” verso Visiant Contact, le OO.SS. hanno ribadito la necessità che la cessione avvenga nel più completo rispetto di tutti i punti e le garanzie
stabiliti dall’accordo di cessione. L’azienda, nel condividere la necessità che le condizioni pattuite lo scorso 12 maggio vengano tutte rispettate, ha dichiarato che entro il prossimo 15 luglio sarà nelle condizioni di verificare il rispetto da parte di Visiant Contact di tutto il complesso di garanzie richieste e, conseguentemente, stabilire con esattezza le tempistiche dell’effettivo passaggio dei lavoratori.
LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC-CGIL FISTel-CISL UILCOM-UIL UGL-Telecomunicazioni

Il piano shock del Monte Paschi di Siena: Taglio di 4.600 dipendenti

Il piano industriale al 2015 del Monte Paschi di Siena prevede la riduzione complessiva del personale di 4600 unita e la chiusura di 400 filiali. Le cifre scioccanti sono contenute in una nota del gruppo senese. Il taglio del personale comprende 1200 unità relative alla cessione di asset e 2300 dipendenti operanti nei servizi di back office che verranno esternalizzati. Il piano prevede inoltre il taglio di 100 dirigenti, pari al 20% del totale, e del 5% della retribuzione per 12 mesi.


Per favorire la realizzazione di tutte le azioni del Piano Industriale 2012-2015 e garantire il rilancio di BMPS, si legge nella nota, “il management sarà fortemente impegnato a diffondere una cultura meritocratica del lavoro per assicurare il massimo engagement di tutti i dipendenti”, sottolinea la banca. A tal fine, è stata delineata “una politica attiva di gestione delle risorse umane” e verrà introdotto “un nuovo modello di organizzazione del lavoro, denominato LPO - Lavoro Per Obiettivi, che preveda obiettivi quali-quantitativi e comportamentali diffusi a tutto il personale accompagnato da sistema premiante trasparente e motivante".


La chiusura delle 400 filiali, spiegano dall'istituto senese, fa parte di un programma di riduzione di costi e di ricerca di efficienza da attuare "in un percorso socialmente sostenibile". Il programma di tagli prevede una "riduzione della base dei costi del 16%" tra il 2012 e il 2015 e "l'esternalizzazione del back-office preservando i livelli occupazionali del personale coinvolto". Mps punta anche sulla razionalizzazione dell'assetto del gruppo con la cessione di Consum.it e Leasing e la creazione di un'unica rete commerciale, attraverso la cessione di Biverbanca e l'incorporazione di Banca Antonveneta.


di rassegna.it

26 giugno 2012

Donne: le vittime non si contano solo in numeri arabi

- di Antonio Sansonetti -

Per far capire al grande pubblico le dimensioni del fenomeno-violenza sulle donne, i numeri sono un’arma pubblicitaria più efficace di qualunque campagna-choc. E se è vero che nel mondo è una piaga che si conta perlopiù in numeri arabi, in quei Paesi dove le donne sono segregate picchiate e lapidate per religione o per tradizione, è vero anche che non c’è strada o piazza d’Occidente, da Salonicco a San Francisco, da Palermo a Stoccolma, dove una donna possa sentirsi sicura. E una volta entrata in casa, le cose vanno ancora peggio. La guerra contro le donne – che si trascina da millenni, da quando le società patriarcali s’imposero sulle matriarcali – non conosce censo, latitudine, quartiere. E la parentela o gli affetti non sono un bunker che protegge, ma molto spesso un lager che opprime.

La mano che picchia o che uccide infatti è spesso quella del partner o ex partner: in Europa in sette omicidi di donna su dieci l’assassino dormiva o aveva dormito nell’altra metà del letto. Dato campione: nel 2006 nei 27 Stati europei 2.419 donne sono morte così. E negli anni successivi non sono diminuite. Mentre solo il 4% degli uomini uccisi è stato ammazzato dalla fidanzata/moglie/ex. Sempre in Europa, 1 donna su 4 ha subito almeno una volta nella vita violenza all’interno delle “relazioni di intimità”.

Se le europee hanno paura, le italiane ancora di più. E non è solo una questione di quote rosa. Secondo il “Global Gender Gap” (pdf classifica completa)“, il rapporto sulla disparità fra uomo e donna del World economic forum, l’Italia è al 74° posto su 135 Paesi, dietro a Malawi, Romania e Bangladesh. Siamo il Paese in cui è stata vittima della violenza maschile una donna su tre tra i 16 e i 70 anni. Sei milioni 743 mila, secondo gli ultimi dati Istat. Ma il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner non vengono denunciate. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6%). Dal rapporto Istat:

Tra le violenze fisiche è più frequente l’essere spinta, strattonata, afferrata, l’avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7%), l’essere minacciata di essere colpita (52,0%), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1%). Segue l’uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l’essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l’aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1%).

E poi c’è il “femminicidio“, neologismo che indica l’assassinio di una donna in quanto “femmina”. Centonovantadue donne uccise così nel 2009, centosettantadue nel 2010, quest’anno siamo a 70. Nell’ultimo decennio, non sono passati tre giorni senza che una “femmina” venisse ammazzata in Italia. In quanto “femmina”. Ma c’è anche di peggio, uscendo dai confini. Nella sola città di Ciudad Juarez, in Messico, mille donne sono state uccise in 10 anni, tutte dopo esser state rapite, seviziate, mutilate e strangolate. L’impunità dei loro carnefici è vicina al 100% dei casi.

Uccise perché femmine anche quando non sono ancora nate: è l’aborto selettivo, pratica con la quale negli ultimi trent’anni in India è stata tolta la vita a dodici milioni di bambini. La spia sono il rapporto tra i neonati maschi e le femmine. Lo standard è 105 uomini ogni 100 donne. In Albania è arrivato a 112 fiocchi azzurri ogni 100 fiocchi rosa. In Toscana, complice la forte immigrazione dall’est e da Cina e India, fra il 2008 e il 2010 mancavano all’appello cinquecento neonate. Dall’altra parte del mondo, in Canada, nella regione dell’Ontario ogni 120 secondi figli maschi ne nascono 100 femmine, se la madre è coreana. Se la madre è indiana, il rapporto sale a 136 contro 100.

La consolazione? Secondo i dati Unicef la mutilazione genitale femminile, l’asportazione intera o parziale del clitoride per negare alla donna il piacere dell’orgasmo, è in diminuzione. Il 99% delle guineane fra i 15 e i 49 anni l’ha subita, ma fra le loro figlie la percentuale scende a 54%. Anche in Egitto, a fronte di una generazione con 97% di infibulate, la successiva conta “solo” il 47%. Una tortura, un cilicio alla sessualità femminile che però continua a riguardare 130 milioni di donne nel mondo.

E se da Islamabad a Lagos le donne nel mondo islamico devono districarsi in una selva di tabù, molti ce ne sono ancora nel magnifico e progressivo mondo occidentale. Per esempio, mentre il Bangladesh, l’Indonesia, il Pakistan e la Turchia hanno eletto un premier o un presidente donna, così non è ancora successo negli Stati Uniti, in Francia (e in Spagna, in Italia…). Per non parlare della ricchissima Svizzera, dove le donne fino al 1971 non potevano neanche votare.


TLC: Azzola (Slc Cgil) ad Asstel, concorrenza non è scusa valida per mancato rinnovo Ccnl


“La concorrenza è senz’altro un elemento positivo che incentiva gli investimenti ma non quando si effettua scaricando i costi sui lavoratori. Così dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, in merito alla dichiarazione rilasciata dal Presidente di Asstel Cesare Avenia.

“L’Italia è l’unico Paese in cui, dietro al termine concorrenza, si mascherano operazioni di esternalizzazione e/o cambio appalto che come unico effetto hanno quello di incidere sul salario dei lavoratori e sui loro diritti – afferma Azzola. In questo modo si usa la concorrenza e la libertà d’impresa per mascherare operazioni in cui si lasciano a casa lavoratori o li si continua a far lavorare con meno diritti e meno salario. Solo in Italia si riscontra una deresponsabilizzazione sociale delle imprese così marcata.”

“Gli imprenditori italiani di Tlc dovrebbero chiedersi come mai– conclude il sindacalista - in Europa i loro competitor non sono costretti a tagliare sul costo del lavoro, nonostante il costo del lavoro sia più alto, e come mai le attività strategiche vengano gestite utilizzando al meglio i propri dipendenti. Forse, in Europa la concorrenza si ricerca sulla qualità dei servizi resi e sulla capacità di fare efficienza, obiettivi non sempre perseguiti dalle imprese italiane che utilizzano la scorciatoia di comprimere salari e diritti dei lavoratori oppure passano gran parte del loro tempo nei tribunali italiani a scontrarsi tra di loro.”

Telecom Italia: Da Catania il via al Joint Open Lab per avvicinare ricerca ed industria


Incontrare, discutere, confrontarsi e fare emergere i migliori talenti del territorio catanese. Sono questi gli obiettivi di Working Capital! Mettere in rete i protagonisti del domani della nuova imprenditoria siciliana e scoprire e sostenere i migliori progetti d’impresa digital. Fare squadra, creare team.10 elevator pitch selezionati tra le proposte già al sito e i più solidi entreranno nel percorso di approfondimento del nostro Accelerator. Obbiettivo finale l’investimento in equity.

I progetti ritenuti più validi, ma non ancora sufficientemente maturi per il seed, verrano sostenuti con la possibilità di partecipare gratuitamente all’InnovAction Camp ad Allumiere (16-20 luglio), con un anno di incubazione gratuita in Top-IX (banda e server) e 12 mesi di mentorship del team di Working Capital.

Non può mancare la parte di dibattito e approfondimento sulla scena italiana della digital entrepreneurship, con un panel di rilievo

Relatori:

Marco Patuano, Amministratore Delegato Telecom Italia;

Ivanhoe Lo Bello, Vicepresidente Confindustria;

Antonio Perdichizzi, Presidente Giovani Imprenditori Confindustria Catania;

Maurizio Caserta, Professore Ordinario di Economia Politica, Università di Catania (o Unict);

Elita Schillaci, Professore Ordinario di Imprenditorialità, Nuove Imprese e Business Planning, Unict;

Davide Bennato, Professore di Sociologia dei Media Digitali, Unict;

Giuseppe Vecchio, Direttore Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Unict;


Telecom Italia e l' Università di Catania hanno avviato un progetto di collaborazione che porterà entro la fine dell'anno alla realizzazione del Joint Open Lab, un laboratorio di ricerca per la creazione di un nuovo modello di relazione industria-università dove la ricerca e la conoscenza accademica si uniscono al know how e all'esperienza industriale. L'annuncio è stato dato dal rettore dell'Università di Catania, Antonino Recca, e dallamministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, in occasione della tappa catanese di 'Working Capital Accelerator', l'iniziativa di Telecom Italia per rilanciare l'innovazione digitale in Italia.

L'attività di ricerca del Joint Open Lab si focalizzerà sui servizi di Mobile Internet di prossima generazione, come ad esempio le tecnologie NFC (Near Field Communication), destinati a cittadini e imprese per creare nuove piattaforme che integrino le tecnologie più avanzate dei terminali mobili e del cloud computing con elementi di sicurezza e privacy evoluti per l'applicazione in diversi contesti di vita e di lavoro.

Questa iniziativa si inserisce nell'ambito del progetto di Telecom Italia finalizzato alla creazione di sei innovativi laboratori di ricerca su tutto il territorio nazionale in accordo con i più qualificati Atenei italiani con l'obiettivo di rilanciare e trasformare i rapporti tra il mondo dell'industria e quello della ricerca e della didattica universitaria nel campo dell'innovazione tecnologica. In particolare, la collaborazione mira a dare impulso al trasferimento delle conoscenze tipiche del mondo universitario verso utilizzi in campo industriale, trasformando le nuove idee in opportunità tangibili per il sistema socio-economico.

Attraverso la creazione di un ambiente stimolante caratterizzato da spazi dedicati alla condivisione del know how e con un'alta flessibilità delle postazioni di lavoro, il nuovo laboratorio di ricerca si pone come elemento centrale delle attività di sviluppo e dimostrative in grado di attrarre giovani talenti e favorire l'applicazione sul campo di nuove idee e soluzioni, generando così nuovo valore su obiettivi di ricerca ed innovazione condivisi.

Il laboratorio, inoltre, potrà partecipare a gare per l'accesso a finanziamenti per la ricerca a livello regionale, nazionale ed europeo. In base agli accordi, Telecom Italia contribuirà al Joint Open Lab con proprio personale di ricerca, strumentazione di laboratorio, piattaforme di servizio; l' Università di Catania metterà a disposizione del laboratorio personale di ricerca, borsisti, stagisti e laureandi.

Telecom Italia: Patuano, con Cdp spazi di collaborazione molti ed ampi


26 giugno 2012 - Intrattenendosi con i giornalisti a margine del convegno, Patuano ha spiegato che finora tra Telecom Italia e Cdp "non ci sono stati solo segnali di fumo: abbiamo espresso chiaramente quali sono i nostri piani. Stiamo parlando - ha sottolineato - di molti miliardi di euro da investire e la cosa va metabolizzata per bene". Patuano, quindi, ha ribadito che "gli spazi di collaborazione esistono ma l'obiettivo e' trovare una collaborazione che crei valore". La soluzione, ha spiegato ancora l'a.d. di Telecom Italia, andra' trovata senza fretta: "Vogliamo la soluzione migliore, non la piu' rapida". Nessun orrizzonte di tempo, dunque: "Meglio non darsi gabbie di tempo o di scopo". Quanto ai possibili futuri ulteriori spazi di collaborazione, Patuano ha spiegato di guardare alla "possibilita' di utilizzare i fondi Ue disponibili per milioni di euro", all'auspicio di sviluppare "la proficua collaborazione gia' attivata con Infratel (ministero dello Sviluppo economico)" e all'opportunita' di coinvolgere nel processo anche gli operatori mobili per evitare, con l'avvento della rete di quarta generazione, una proliferazione di antenne sul territorio.

Contratto Tlc, è rottura fra Asstel e sindacati: "Le imprese vogliono escludere il mondo customer".


Si interrompe la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale delle Tlc tra Asstel e le segreterie nazionali di Slc–Cgil, Fistel-Cisl e UIlcom-Uil.
In una nota Asstel precisa che “la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale delle Tlc si è interrotta al termine di un confronto dedicato alle cosiddette clausole sociali”. Per il segretario nazionale della Slc Cgil, Michele Azzola, "non c'è stata da parte dei sindacati nessuna pregiudiziale. Abbiamo chiesto ad Asstel di rendersi disponibile per evitare che il problema dei call center diventi una bomba sociale. Bisogna cioe' che le aziende si assumano una responsabilita' nei confronti dei call center che sono ampiamente utilizzati e concentrati nelle aree del Sud".
"Il nostro timore - prosegue Azzola - insomma è che si arrivi a un contratto ad hoc per i call center, condannandoli alla poverta'. Secondo i sindacati pensare di risanare i conti delle aziende di Telecomunicazioni attraverso una riduzione dei diritti e dei salari dei lavoratori rappresenta “la modalità più anacronistica con cui le parti datoriali potevano pensare di rispondere alla crisi”.

25 giugno 2012

Telecom Catania: Patuano: "In Sicilia investiremo su Ngn e cloud"


Telecom Italia pronta ad investire in Sicilia su reti fisse e mobili. L'annuncio è arrivato oggi dall'ad Marco Patuano a margine del "Working Capital Accelerator" a Catania. "Il nostro investimento in reti fisse e mobili in Sicilia - ha spiegato Patuano - è una componente molto importante. La parte infrastrutturale riguarda la rete fissa di nuova generazione, che abbraccia un progetto che coinvolge tutti i capoluoghi di provincia della Sicilia: partiremo quest'anno da Catania e Palermo, e dal 2013 si aggiungeranno Messina, Agrigento e Siracusa".
"Siamo impegnati - ha aggiunto - anche al rafforzamento della parte radiomobile, soprattutto con la copertura dei segnali nei litorali: partiremo dal 2012 per Palermo e nel 2013 per gli altri capoluoghi con un programma di Lte, cioè reti mobili di quarta generazione. Ultimo, ma non meno importante, l'investimento sul cloud computing, sulle nostre infrastrutture di Palermo".

Intanto Telecom Italia lancia, in partnership con l'Università di Catania, il "Joint Open Lab" che sarà realizzato entro la fine dell'anno e punta a rafforzare le sinergie tra industria e mondo della ricerca.

Al centro delle attività del nuovo lab i servizi di Mobile Internet di prossima generazione, come le tecnologie Nfc (Near Field Communication) per creare nuove piattaforme che integrino le tecnologie più avanzate dei terminali mobili e del cloud computing con elementi di sicurezza e privacy evoluti.

Con questa iniziativa Telecom Italia mira creare sei laboratori di ricerca in Italia insieme con atenei italiani per rilanciare e trasformare i rapporti tra industria e didattica universitaria nel campo dell'innovazione tecnologica. Il laboratorio punta ad attrarre giovani talenti e potrà partecipare a gare per l'accesso a finanziamenti per la ricerca a livello regionale, nazionale ed europeo. L'operatore contribuirà all'iniziativa mettendo a disposizione personale di ricerca, strumentazione di laboratorio, piattaforme di servizio mentre l'Università di Catania metterà a disposizione del laboratorio personale di ricerca, borsisti, stagisti e laureandi.

"Quello tra l'Università di Catania e Telecom Italia - spiegano Patuano e il rettore Antonino Recca - è un rapporto ormai consolidato. Dal 2009 ad oggi abbiamo portato avanti diversi progetti in ambito di formazione e di sperimentazione didattica, attraverso la collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria elettrica elettronica e informatica diretto dal professore Vincenzo Catania, oltre a proposte congiunte per finanziamenti sia nazionali sia internazionali. La nostra volontà di proseguire questo percorso si concretizza oggi nell'annuncio della creazione di un vero e proprio laboratorio di ricerca condiviso, che rientra nel progetto piu' ampio del Gruppo di trasformare radicalmente il modello della relazione tra mondo accademico e impresa per creare valore e alimentare l'industria con idee innovative partendo dal territorio".

Lavoro: CGIL, 26 e 27 scioperi e manifestazioni

Il ddl lavoro è un “guazzabuglio iniquo e inadeguato che non migliora la qualità del lavoro nel nostro Paese e non aumenterà l'occupazione”, e che la CGIL contrasterà promuovendo per il 26 e il 27 giugno scioperi e manifestazioni in tutta Italia, compreso un presidio in programma mercoledì 27 giugno nei pressi di Montecitorio nel giorno del probabile via libera definitivo.


Secondo il sindacato di Corso d'Italia, infatti, “anche alla Camera dei deputati il governo ha imposto il voto di fiducia sulla legge di 'riforma' del mercato del lavoro e il Parlamento la voterà nonostante il sindacato, la CGIL in primo luogo e molte altre parti sociali, abbiano definito questa legge sbagliata e controproducente”. Per l'organizzazione guidata da Susanna Camusso, infatti, il provvedimento “non combatte la precarietà, specie dei giovani, perché mantiene tutte le tipologie precarie nate dalla politica liberista dei Governi Berlusconi, e non universalizza le tutele in caso di perdita del lavoro, anzi riduce drammaticamente la durata dei sussidi e non li estende a chi oggi ne è escluso”.


Con questa legge, secondo la CGIL, si rischia “una recrudescenza della crisi” e per questo mette in guardia il governo, aggiungendo che “continuerà la sua lotta con questo governo e con quelli che verranno”. Tra le rivendicazioni del sindacato: “Un serio contrasto alla precarietà del lavoro, un regime universale di ammortizzatori sociali, politiche attive del lavoro efficaci e finalizzate ad un'occupazione stabile e tutelata, un diritto del lavoro che renda più certa ed esigibile la tutela contro i licenziamenti illegittimi, un vero piano di crescita del paese che promuova la buona occupazione”. Per queste ragioni martedì 26 e mercoledì 27 giugno ci saranno iniziative di sciopero e manifestazioni nei territori durante i voti di fiducia e, sempre il 27, un presidio a Montecitorio per chiedere di cambiare il ddl sul mercato del lavoro.


23 giugno 2012

Cassazione: si può mandare a quel paese il capo. Ma solo una volta!


Un "vaffa" rivolto al capufficio non basta per giustificare il licenziamento. parola di cassazione. Secondo gli ermellini, infatti, se l'offesa superiore resta circoscritta nell'ambito non solo episodio, non va a compromettere il rapporto fiduciario con l'azienda. Per questo, La suprema corte (sentenza 10426/2012) ha respinto il ricorso di un'azienda che si era posto alla reintegra di un dipendente che aveva mandato a quel paese una superiore gerarchica. Il caso era finito nelle aule di giustizia principalmente nel fatto che l'offerta era stata rivolta ad un superiore donna. Dopo il "vaffa" il lavoratore era stato licenziato dal tribunale di Chieti annullato il licenziamento facendo rilevare appunto che l'offesa era stata episodica.

La decisione veniva confermata anche dalla corte d'appello. Ricorrendo in cassazione l'azienda aveva sostenuto la legittimità del licenziamento data la condotta del dipendente che doveva conisiderarsi "gravemente ingiuriosa e intimidatoria al superiore gerarchico donna deriso e apostrofato".

Respingendo il ricorso la suprema corte ha confermato il doppio verdetto evidenziando che la motivazione dei giudici di merito "appare congrua e logicamente coerente e supportata da precisi ed univoci riferimenti alle risultanze processuali che hanno consentito di ridimensionare la gravita' dei fatti e di circoscrivere l'episodio che, sia pure censurabile, non dimostra la volonta'" del dipendente "di sottrarsi alla disciplina aziendale e di insubordinarsi, essendo rimasto nei limiti di una intemperanza verbale". Insomma un comportamento che va si censurato, ma che non può essere sanzionato con un licenziamento.

Poste: Miceli (Slc Cgil), ci aspettavamo ben altro da Passera


Per il tramite dell’audizione alla Commissione Trasporti il ministro Passera ci rassicura sul futuro dei dipendenti del recapito di Poste Italiane. Credo abbia contezza che quello annunciato è l’antipasto di più di 10.000 esuberi, a nostro avviso difficilmente riconvertibili. Quello che vorremmo sapere dal ministro è se e come Poste svolge i compiti assegnatigli di servizio universale. Tanti cittadini, o aziende, spediscono una lettera e questa arriva con ritardi enormi. Si tratta della parte più fortunata degli utenti perché ci sono quelli che spediscono una lettera che non arriverà mai.
Il servizio offerto da Poste Italiane peggiora a vista d’occhio e ciò in ragione dei continui cambiamenti del modello organizzativo e dell’insufficienza di personale. Se a questo si aggiunge il taglio negli appalti siamo certi che il servizio sarà ancora più scadente. Ci permettiamo di chiedere al ministro, in una fase di devastazione sociale quale quella attuale, di farsi tramite presso le grandi imprese e chiedere che queste diano un contributo al paese non guardando solo le condizioni di mercato ma ai rischi di aggiungere disoccupazione a disoccupazione, drammi a drammi.
Forse c’è una responsabilità morale delle grandi imprese, soprattutto quelle che vivono anche di provvidenze statali, e questa consiglierebbe più prudenza, meno tagli sui fornitori, meno disoccupati.
Ci piacerebbe sapere cosa il ministro Passera pensi di tutto ciò.

22 giugno 2012

Tlc: Sindacati, contro rottura rinnovo Ccnl, 16 ore di sciopero e blocco prestazioni straordinarie


Il giorno 22 giugno 2012 si è riunito il Comitato di Settore unitario delle Telecomunicazioni di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil per analizzare lo stato della trattativa per il rinnovo del contratto di settore scaduto lo scorso 31 dicembre 2011.
Il Comitato di Settore approva la relazione introduttiva e le conclusioni assumendo i contributi emersi durante il dibattito.
In particolare, il Comitato di Settore esprime forte preoccupazione per lo scenario determinatosi e ribadisce la necessità di realizzare una svolta nel negoziato per raggiungere, in tempi brevi, il rinnovo del contratto.
Va respinta l’idea di produrre una rottura dell’assetto contrattuale, nell’idea che relegare il settore dei Customer in un contratto più povero possa consentire risparmi economici alle aziende committenti. Tale visione, miope e anacronistica finalizzata a
“balcanizzare” il settore dei customer, va respinta con forza rilanciando il valore del contratto unico quale strumento di regolazione dei processi produttivi e elemento anti dumping nella competizione commerciale.
E’ evidente, infatti, che la definizione di due contratti determinerebbe le condizioni per produrre forti processi di disgregazione delle imprese di telecomunicazioni nella ricerca spasmodica del contenimento dei costi.
Appare incomprensibile, a sei mesi dalla scadenza, che non si sia ancora definito l’accordo di rinnovo, lasciando decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori senza il doveroso recupero del potere di acquisto delle retribuzioni in un momento in cui la crisi
economica richiederebbe nuovo slancio ai consumi interni.
Il Comitato di Settore impegna le Segreterie Nazionali e la delegazione trattante a realizzare un accordo di rinnovo basato sui contenuti della piattaforma e che comprenda, ineludibilmente, i seguenti aspetti principali:
• L’accordo deve garantire l’unicità del contratto disciplinando l’insieme delle attività di filiera. Va respinta con fermezza ogni ipotesi di rottura della filiera con l’esclusione delle attività di customer.
• Introduzione di norme in grado di produrre tutele occupazionali nei confronti dei lavoratori dei customer nei casi di cambio di appalto e/o modifica delle condizioni dell’appalto. Tali norme devono permettere di garantire gestioni dei cambi di appalto in grado di mantenere l’occupazione sul territorio.
• Riconoscimento, nel testo contrattuale, delle nuove professionalità emerse arricchendo l’inquadramento attuale.
• Definizione di un aumento contrattuale che realizzi il pieno recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni. Per realizzare tali obiettivi il Comitato di Settore Unitario da mandato alle Segreterie Unitarie di avviare iniziative di lotta attraverso:
• Apertura immediata delle procedure di raffreddamento per aprire lo stato di agitazione con il blocco delle prestazioni straordinarie e supplementari;
• Apertura dei tavoli negoziali aziendali per la definizione degli accordi di 2° livello, l’irrigidimento dei tavoli sulle riorganizzazioni aziendali e particolare attenzione alla firma di accordi per la formazione che dovranno essere approvati solo a seguito di condivisione del progetto;
• Mandato alle Segreterie Nazionali per proclamare un pacchetto di 16 ore di sciopero da dichiarare nel mese di settembre.
L’eventuale ripresa del confronto dovrà essere realizzata attraverso il coinvolgimento della delegazione trattante che dovrà partecipare a tutte le fasi del negoziato. Al fine di permettere la massima riuscita delle iniziative di lotta in corso, è necessario
avviare una campagna di assemblee, di cui i territori forniranno i calendari alle strutture nazionali, che informi le lavoratrici e i lavoratori sullo stato della vertenza in corso. A livello territoriale sarà, infine, necessario promuovere iniziative di sensibilizzazione sulle tematiche esposte soprattutto per quanto riguarda le attività di customer, coinvolgendo le forze politiche territoriali sui rischi per il futuro dell’occupazione di questo settore.
Roma, 22 giugno 2012

Telecom Italia: Progetto di Riconversioni Professionali in ambito Domestic Market.


Comunicato ai Lavoratori
Gruppo Telecom
Nel corso del mese di aprile, durante l’ultimo incontro con il Coordinamento, Telecom ha avanzato una proposta articolata che interessava la rete, i customer e le attività di staff degli stessi customer.
La proposta partiva dalla previsione delle uscite di personale, definite nell’accordo del 2010, dal settore rete rivendicando la necessità di procedere alla sostituzione delle uscite attraverso appositi bandi. Siccome era facile immaginare che agli stessi vi fosse una partecipazione massiccia di lavoratori dei customer, l’azienda aveva proposto di voler spostare personale operante presso le aree di staff commerciali nei customer.
Durante quell’incontro il Coordinamento ha proposto di eseguire una gestione congiunta delle operazioni di riorganizzazione attraverso l’individuazione di criteri oggettivi che garantiscano trasparenza alle scelte aziendali.
A tale scopo era stata effettuato anche un ulteriore incontro tecnico, durante il quale l’azienda aveva dichiarato di volersi riservare la scelta del 40% circa del personale da riconvertire nei customer in base a criteri discrezionali legati “all’indispensabilità” dei
lavoratori in questione. Di fronte a tale affermazioni il sindacato aveva dichiarato la propria indisponibilità a trovare un accordo sulla base di tali presupposti, invitando Telecom Italia ad una seria riflessione sulle “discrezionalità” dei capi.
Trascorsi due mesi, nel corso di un breve incontro tenutosi il giorno 19 giugno, l’azienda ha comunicato di non essere stata in grado di convincere l’intera azienda sulla possibilità di un accordo complessivo che accompagni la riorganizzazione.
Con queste premesse, in assenza di certezze sulla possibilità di confermare le uscite previste dall’accordo del 2010 (a oggi il decreto Fornero non garantisce il raggiungimento della pensione con i vecchi criteri per il personale uscito dopo il 4 giugno 2011) e senza sapere il risultato della partecipazione ai bandi, l’azienda ha comunicato di voler procedere unilateralmente alla riallocazione professionale di circa 600 unità, come da tabella allegata.
Inoltre, ha dichiarato di voler aprire tavoli territoriali per informare nel dettaglio delle ricadute locali.
Il giudizio espresso dalle Segreterie Nazionali è stato durissimo. Siamo alla presenza della scelta di voler cambiare il lavoro a centinaia di persone, trasferendole da attività impiegatizie ad attività di customer, lasciando la scelta ai responsabili di linea in assenza di ogni trasparenza.
Si tratta, ovviamente, di una riorganizzazione che nasce da operazioni clientelari in cui ogni singola linea potrà decidere che lavoratore tenere e quale trasferire. A conferma di ciò l’azienda ritiene anche di dover spostare persone tra un’attività di customer e un altro senza nessuna motivazione organizzativa.
Tutto questo dopo che, durante l’esposizione del piano industriale, l’Amministratore Delegato ha evidenziato la necessità di trovare soluzioni congiunte con il sindacato perché il clima aziendale rappresenta una condizione fondamentale per vincere la sfida della competizione sui mercati.
La posizione aziendale è del tutto inaccettabile e non fa altro che alzare il livello di tensione con il sindacato. Se queste sono le premesse alla discussione sul piano d’impresa appare evidente che questa politica miope da parte aziendale mette in serie difficoltà la tenuta di un corretto confronto di Relazioni Industriali creando inevitabilmente un duro scontro con Telecom.
Come sindacato riteniamo che debba finire il monopolio delle varie “linee operative” e debba riprendere un serio confronto non viziato da necessità oscure e imperscrutabili.
Se da un lato la riorganizzazione aziendale è condizione fondamentale per la sopravvivenza della stessa e conseguentemente a garantire un futuro certo per i lavoratori, è del tutto evidente che sarà necessario realizzarla in piena trasparenza, evitando operazioni clientelari e di bassa gestione del potere.
Chi si assumerà la responsabilità di utilizzare strumenti di questo genere dovrà assumersi completamente la responsabilità del fallimento di una discussione che dovrebbe servire a rilanciare l’azienda sul mercato superando l’attuale momento di forte difficoltà.
Sul territorio andranno contrastate le ricollocazioni forzate con tutte le iniziative più opportune, siano di tutela individuale che collettiva. Non si può riorganizzare un’azienda sfogliando il “carciofo”, sindacato e lavoratori Telecom sapranno rispondere con durezza e uniti a processi basati sul principio del “dividi ed impera” o a logiche che lasciano alle linee la possibilità di decidere discrezionalmente sul futuro dei lavoratori.
Le Segreterie Nazionali invitano Telecom a fermarsi dal partire unilateralmente, diversamente anche alla luce di quanto verificatosi nelle scorse ore sul CCNL si rischia di aprire una stagione di forte tensione che porterà inevitabilmente il sindacato ad
interrompere le relazioni industriali.
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL